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L'opposizione al rientro configura sottrazione internazionale di minore. Cass., I Sez., Ord. 4 marzo 2022, n. 7261

In applicazione della Convenzione dell'Aja del 25 ottobre 1980, l'opposizione al rientro del minore posta in essere da uno dei genitori nei confronti dell'altro si configura come sottrazione internazionale di minori e la richiesta di rientro avanzata dal genitore privato della custodia del minore, posto il carattere indeterminato dell'accordo di permanenza all'estero, esclusa la sua pretestuosità, diviene espressione di un legittimo esercizio del diritto che enfatizza il carattere illecito della condotta di trattenimento dell'altro genitore. (CF) 

Mancato rientro - illecito trattenimento del minore - Accordo temporaneo - Sottrazione internazionale di minore

Rif. Leg.: Convenzione dell'Aja 1980 artt. 3, 12, 13, 20

la pronuncia di merito, Tribunale per i Minorenni di Roma, Est. Bacchetta, decreto 22.07.2020 si può leggere a questa pagina

Cassazione, Sez. I, Est. Scalia, ord. 04.03.22 n.7261 per visualizzare l'allegato è necessario autenticarsi

Nella fattispecie, la Corte di Cassazione ravvisa nella impugnata pronuncia del Tribunale per i Minorenni di Roma, che ha respinto la richiesta di ordine di ritorno del minore, giunto in Italia con i genitori in quanto la madre, malata, aveva preferito sottoporsi alle cure in Italia, la violazione di legge (cfr. artt. 3, 12 e 13 Convenzione dell'Aja) per avere ritenuto che l'accordo dei genitori sul trasferimento del figlio all'estero, pur temporaneo e non definitivo, valesse ad escludere l'integrazione dei profili civilistici della sottrazione internazionale del minore.

Laddove il trasferimento del minore è temporaneo, l'accordo tra i genitori è destinato a venire meno nel caso in cui il genitore privato dei diritti di custodia e visita si opponga all'ulteriore permanenza del figlio all'estero.

A parere degli Ermellini, il Tribunale romano ha realizzato una impropria sovrapposizione tra il "merito" del giudizio avente ad oggetto la richiesta del rientro del minore nello stato di residenza abituale e il "merito" del diverso giudizio diretto invece a stabilire quale dei due genitori ne sia il migliore affidatario, circostanza che rileva solamente nelle ipotesi in cui ricorrano le condizioni ostative di cui agli artt. 12, 13 e 20 della precitata Convenzione, ovvero laddove l'autorità giudiziaria ravvisi l'incapacità del genitore che ha fatto richiesta di rientro ad accudire ed educare il minore, con conseguente esposizione di quest'ultimo a pregiudizio fisico o psichico (Cfr. Cass. 05.10.2011 n. 20365).  

L'argomento utilizzato dai giudici romani, secondo il quale l'accordo non può essere sciolto in forza di una unilaterale e contraria determinazione di uno solo dei genitori, non costituisce corretta interpretazione né valutazione delle evidenze fattuali rilevanti.

In virtù di quanto sopra, pertanto, la Suprema Corte cassa il decreto impugnato e rinvia la causa davanti al Tribunale per i Minorenni di Roma in altra composizione anche per le spese di giudizio di legittimità. 

autore: Fossati Cesare