La mancata ammissione di prove vizia la sentenza. Cass., Sez. I Civ., Ord. 10 giugno 2024 n. 16055, Cons. Est. Rita Russo
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Il diritto del coniuge divorziato, che sia anche titolare dell'assegno divorzile, ad ottenere la quota del trattamento di fine rapporto dell'ex coniuge, sorge nel momento in cui quest'ultimo matura il diritto a percepire detto trattamento e, dunque, al tempo della cessazione del rapporto di lavoro, anche se il relativo credito è esigibile solo quando l'importo è effettivamente erogato.
L'instaurazione da parte dell'ex coniuge di una stabile convivenza di fatto, giudizialmente accertata, incide sul diritto al riconoscimento di un assegno di divorzio o alla sua revisione, nonché sulla quantificazione del suo ammontare, in virtù del progetto di vita intrapreso con il terzo e dei reciproci doveri di assistenza morale e materiale che ne derivano, ma non determina, necessariamente, la perdita automatica ed integrale del diritto all'assegno, in relazione alla sua componente compensativa.
Divorzio – assegno – TFR – quota – non contestazione
Convivenza stabile – effetti – perdita dell’assegno - componenti
Rif. Leg.: art. 5 co. VI L. 898/70 - art. 115 cpc – art. 2697 c.c.
Nel caso di specie la ricorrente aveva chiesto di provare il quantum e anche gli anni in cui il trattamento di fine rapporto era maturato, tramite una richiesta di esibizione ex art 210 c.p.c., che però non era stata accolta e paradossalmente la Corte le imputava di non aver fornito la prova.
Per la Cassazione la mancata percezione del TFR non osta a che venga accertato il diritto dell'ex coniuge a percepire la quota di sua spettanza qualora questi sia titolare di assegno di divorzio.
La motivazione del provvedimento è anche inidonea a spiegare le ragioni della decisione, ponendosi al di sotto dello standard del minimo costituzionale.
La mancata ammissione di un mezzo istruttorio si traduce in un vizio della sentenza se il giudice pone a fondamento della propria decisione l'inosservanza dell'onere probatorio.
editor: Fossati Cesare
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