La dedizione alle esigenze della famiglia va compensata. Tribunale di Ravenna 20 ottobre 2023.
In sede divorzile il provvedimento di revisione dell'assegno di mantenimento dei figli, siano minorenni o maggiorenni non autosufficienti, presuppone non soltanto l'accertamento di una sopravvenuta modifica delle condizioni economiche dei genitori, ma anche la loro idoneità a mutare il pregresso assetto patrimoniale realizzato con il precedente provvedimento attributivo del predetto assegno (attribuito in sede di separazione).
Il giudice del conflitto familiare non può procedere ad una nuova autonoma valutazione dei presupposti dell'entità dell'assegno ma, nel pieno rispetto delle valutazioni espresse al momento dell'attribuzione originaria dell'emolumento, deve limitarsi a verificare se e in quale misura le circostanze sopravvenute abbiano alterato l’equilibrio raggiunto, e adeguare l'importo o lo stesso obbligo della contribuzione all'eventuale nuova situazione patrimoniale.
In tema di determinazione dell'assegno di divorzio il principio secondo il quale, sciolto il vincolo coniugale, ciascun ex coniuge deve provvedere al proprio mantenimento è derogato, oltre che nell'ipotesi di non autosufficienza di uno degli ex coniugi, anche nel caso in cui il matrimonio sia stato causa di uno spostamento patrimoniale dall'uno all'altro coniuge, ex post divenuto ingiustificato, che deve perciò essere corretto attraverso l'attribuzione di un assegno in funzione compensativo-perequativa, adeguato compensare il coniuge economicamente più debole del sacrificio sopportato per aver rinunciato a realistiche occasioni professionali e reddituali che il richiedente l'assegno ha l’onere di indicare specificamente e dimostrare nel giudizio.
Divorzio – mantenimento figli – assegno divorzile
Rif. Leg.: Art. 5 VI co. L.898/70
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Il profilo di interesse della decisione è costituito dal fatto che, ai fini del riconoscimento dell’assegno divorzile, il Tribunale di Ravenna ha tenuto conto non solo del sacrificio dell'attività lavorativa della ricorrente la quale, per consentire al marito di dedicarsi completamente al lavoro (che comprendeva anche assenze da casa di più giorni), rinunciò a lavorare per otto anni per dedicarsi alla crescita ed all'accudimento dei figli, ma anche del futuro deteriore trattamento pensionistico determinato dagli otto anni di vuoto contributivo.
*Si ringrazia la collega Avv. Cristina Amadori, associata Ondif sezione ravennate
editor: Fossati Cesare
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