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Condizioni e presupposti per la delibazione della sentenza del Tribunale Ecclesiastico nello Stato italiano. Corte d’Appello di Palermo, Sent. 9 marzo 2023

Lunedì, 24 Aprile 2023
Giurisprudenza | Nullità del matrimonio | Diritto internazionale | Merito Sezione Ondif di Palermo
Corte d'Appello di Palermo, Est. Draetta, sentenza 9.03.2023 per visualizzare l'allegato è necessario autenticarsi

Va dichiarata l'efficacia della sentenza ecclesiastica nello Stato italiano nella ipotesi in cui sussistano le condizioni previste dall'Accordo di Revisione del Concordato del 18 febbraio 1984 e dal Protocollo Addizionale, ratificati con Legge 25 marzo 1985, n. 121, nonché i presupposti di cui all'art. 797 c.p.c., richiamato unitamente all'art. 796 c.p.c., dall'art. 4, lett b) del Protocollo Addizionale. Oltre alle condizioni di cui al disposto della lett. b) (e cioè che nel procedimento dinanzi ai Tribunali Ecclesiastici sia stato assicurato alle parti il diritto di agire e resistere in modo non difforme dai principi fondamentali dell'ordinamento italiano) - è richiesto che si rinvengano anche quelle previste dalle lett. a) e c) del comma 2 dell'art. 8 della L. n. 121 del 1985, ovvero che sussistesse, relativamente alla sentenza, la competenza del giudice ecclesiastico a conoscere la causa - in quanto relativa a matrimonio concordatario celebrato in conformità delle prescrizioni del comma 1 del cit. art. 8 - (lett. a) e che ricorressero inoltre (lett. c) "le altre condizioni richieste dalla legislazione italiana per la dichiarazione di efficacia delle sentenze straniere", cioè quelle di cui al precitato art. 797 c.p.c, e quindi la compatibilità con l'ordine pubblico (n. 7), ovvero che al momento della proposizione della richiesta di delibazione non fosse "pendente davanti ad un giudice italiano un giudizio per il medesimo oggetto e tra le stesse parti, istituito prima del passaggio in giudicato della sentenza" (n. 5), o in quanto la sentenza da delibare fosse in contrasto con altra sentenza emanata da un giudice italiano (n. 6).

Sentenza ecclesiastica – nullità matrimoniale – efficacia - delibazione

Rif. Leg.: Legge 27 maggio 1929, n. 847, di attuazione del Concordato del 11 febbraio 1929, art. 17, 2 comma; Legge 25 marzo 1985, n. 121, di ratifica ed esecuzione dell'Accordo di Revisione del Concordato del 18 febbraio 1984, con Protocollo Addizionale, art. 8; artt. 796 e 797 c.p.c. abrogati dalla Legge 31 maggio 1995, n. 218, artt. 64 e 73

 §§§

Nella fattispecie, la Corte di Appello di Palermo è chiamata a pronunciarsi sulla domanda di due coniugi che, con ricorso congiunto, hanno chiesto la dichiarazione di efficacia nella Repubblica Italiana della sentenza ecclesiastica di nullità matrimoniale emessa dal Tribunale Ecclesiastico Diocesano di Agrigento, successivamente munita del decreto di esecutività del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, con la quale è stato definitivamente dichiarato nullo il matrimonio celebrato inter partes con rito concordatario.

La Corte territoriale giunge ad enunciare il principio di diritto di cui supra dopo ampia disamina della disciplina in materia anche in ordine al rito applicabile.

Secondo la Legge 25 marzo 1985, n. 121, di ratifica ed esecuzione dell'Accordo, con Protocollo Addizionale, firmato a Roma il 18 febbraio 1984, il procedimento per la dichiarazione di efficacia delle sentenze ecclesiastiche non è più attivabile d'ufficio, come originariamente disposto dalla Legge 27 maggio 1929, n. 847, di attuazione del Concordato del 11 febbraio 1929 (art. 17, 2 comma), giacché l'art. 8, comma 2, della L. n. 121 del 1985 prevede la domanda delle parti o di una di esse quale imprescindibile connotato propulsivo del procedimento.

La giurisprudenza, sulla premessa che il richiamato art. 17  della L. n. 847 del 1929 sia da considerare ancora in vigore nelle parti non incompatibili con le nuove disposizioni, ha affermato che la domanda congiunta deve essere proposta con ricorso ed il rito da seguire è quello camerale, secondo la previsione di detta norma, atteso il carattere non contenzioso del procedimento impresso dalla domanda formulata da entrambe le parti; nella diversa ipotesi di pretesa fatta valere contro l'altra parte, trova invece applicazione il rito ordinario proprio dei procedimenti contenziosi e la domanda va proposta con atto di citazione.

Tale sistema a doppio binario trova peraltro riscontro anche nell'esplicito richiamo agli artt. 796  e 797  c. p. c. contenuto nell'art. 4, lett. b) del Protocollo Addizionale, i quali individuano nell'atto di citazione il modello processuale tipico delle domande di riconoscimento di sentenze straniere, secondo la disciplina anteriore alla L. n. 218 del 1995  (Cfr. Cass. 7 giugno 2007, n. 13363).

Non può, d'altra parte, essere messa in dubbio la perdurante vigenza nell'ordinamento, limitatamente alle controversie in esame, dei richiamati artt. 796  e 797  c. p. c., nonostante la abrogazione disposta dall'art. 73  della L. 31 maggio 1995, n. 218, non essendo quest'ultima norma idonea, in ragione della sua natura di legge formale ordinaria, a spiegare efficacia sulle disposizioni dell'Accordo e del Protocollo Addizionale, le quali, relativamente alla specifica materia in esame e in forza del principio concordatario recepito nell'art. 7  Cost., sono suscettibili di essere modificate, in mancanza di accordo delle Parti contraenti, soltanto attraverso leggi costituzionali (cfr. ex multis Cass. SS.UU. 18 luglio 2008, n. 19809).

Ritenuti sussistenti tutti i presupposti di legge e precisato che la delibazione delle sentenze ecclesiastiche è possibile anche in caso di incompatibilità relativa con l'ordine pubblico interno (Cfr. Cass. SS.UU., 18 luglio 2008, n. 19809), la Corte di Appello di Palermo dichiara l'efficacia nella Repubblica Italiana della sentenza della Sacra Rota in oggetto, ordinando l'annotazione della pronuncia nel Registro degli atti di matrimonio e a margine degli atti di nascita dei ricorrenti e nulla disponendo sulle spese del giudizio, stante la convergenza delle posizioni processuali delle parti.

autore: Fossati Cesare