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La convivenza coniugale per almeno tre anni non impedisce la delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio. Cass. civ., Sez. I, Ord. 8 agosto 2023, n. 24183

Cass., Sez. I, Est. Falabella, Ord. 8.08.23 n.24183 per visualizzare l'allegato è necessario autenticarsi

La convivenza "come coniugi" costituisce un elemento essenziale del "matrimonio-rapporto" e, ove si protragga per almeno tre anni dalla celebrazione, integra una situazione giuridica di "ordine pubblico italiano" che, tuttavia, non impedisce la delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità per vizi genetici del "matrimonio-atto", a loro volta presidiati da nullità nell'ordinamento italiano.

Rif. Leg.  Art. 8 n. 2 Legge n. 121/1985 di ratifica dell'Accordo di revisione del Concordato Lateranense del 18 febbraio 1984; Art. 4 lett b) del Protocollo addizionale; Artt. 64 e ss. Legge n. 218/1995; Art. 30 D.Lgs. 150/2011; Art. 702 bis c.p.c. pre  Cartabia; Art. 2697 c.c.

Conformi: Cass. 1° giugno 2022, n. 17910 e Cass. 4 gennaio 2023, n. 149

Giudizio di delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio: rito applicabile - Prova della convivenza ultra - triennale  - Riesame del tema della nullità del matrimonio da parte del giudice civile italiano - Versamento del contributo unificato e giudizio di delibazione - Nullità del matrimonio accertata dal Tribunale Ecclesiastico e dal Tribunale Ordinario
§§

La Corte di Cassazione, con l'ordinanza de qua, affronta il delicato tema della delibazione della sentenza ecclesiastica di declaratoria della nullità del matrimonio concordatario chiesta dal ricorrente che così impugna l'ordinanza della Corte di Appello di Milano n. 2393 del 9 novembre 2020, la quale ne ha rigettato la domanda.

La Suprema Corte, respinti i primi tre motivi di impugnazione giacchè inammissibili, ritiene fondato e, pertanto, accoglibile il quarto motivo in cui si deduce il difetto dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, in quanto il giudizio di delibazione  non costituisce un giudizio di impugnazione.

 

Nel rigettare anche il quinto e il sesto motivo di ricorso, gli Ermellini richiamano il principio di diritto di cui in epigrafe, rilevando come lo stesso, nella fattispecie, indipendentemente da ogni approfondimento al riguardo, veicoli una questione nuova e un tema di indagine estraneo alle censure come già articolate. Per di più,  sostiene il Collegio, non esiste alcuna evidenza del fatto che la nullità matrimoniale accertata dal Tribunale ecclesiastico sia coincidente con taluna delle nullità previste dal codice civile: dalla sentenza impugnata emerge, infatti, unicamente la dichiarazione di nullità del matrimonio per "incapacità di assumere gli oneri essenziali del matrimonio della donna", formula - questa - che non consente di affermare alcunchè quanto alla valorizzazione, da parte del Giudice ecclesiastico, di taluno dei vizi genetici presi in considerazione dall'ordinamento civile.

Il ricorso viene dunque accolto limitatamente al quarto motivo, con cassazione dell'ordinanza impugnata e con disposizione di rimozione dalla predetta pronuncia della attestazione relativa all'esistenza dei presupposti di cui all'art. 13, comma 1 quater, D.P.R. n. 115/2002.

Con riferimento al ricorso per cassazione proposto, la Corte dà atto, ai sensi del precitato art. 13, comma 1 quater, D.P.R. n. 115/2002, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.

autore: Fossati Cesare