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Mutilazioni genitali femminili. Esclusa l'inevitabile ignoranza della donna sulla liceità  del proprio comportamento -Cass. Pen., Sez. V, sent. 14 ottobre 2021 n. 37422

In alcuni gruppi etnici di Paesi extraeuropei, dislocati soprattutto nell'Africa subsahariana (ad esempio, Somalia, Sudan settentrionale, Djibouti, Etiopia, Eritrea, Kenya settentrionale, alcune zone del Mali e della Nigeria settentrionale), in Egitto e anche in alcune circoscritte regioni dell'Asia (Indonesia, Malaysia, Yemen, Emirati A.U.), per motivi tradizionali e socio-culturali assai vari, (incomprensibili per noi occidentali), sono diffuse alcune pratiche di modificazione degli organi genitali femminili, attraverso le quali si attua una sorta di controllo sulla sessualità e sul corpo della donna ed indicate con la formula "mutilazioni genitali femminili.”
Tali pratiche sono sostenute da motivazioni socio-culturali quali l’onore familiare; le credenze sull'igiene, sull'estetica e sulla salute femminile; la preservazione della verginità e il rafforzamento della fedeltà matrimoniale aumento del piacere sessuale del marito; l’incremento della fertilità.
Comunque sia, questo potente e articolato sistema di credenze offendono i diritti fondamentali della donna: la sua integrità fisica, la sua salute, la sua sessualità, la sua dignità, il diritto alla non discriminazione, il diritto alla vita.
Secondo l'U.N.H.C.R. sono circa 20.000 le donne che hanno chiesto asilo nell’Unione europea per paura di subire delle mutilazioni genitali nel loro paese d’origine. Non si sa a quali tipi di torture vengono sottoposte le donne: si va dall’escissione di parte o della totalità dei genitali esterni con cucitura o restringimento del canale vaginale (c.d. "infibulazione" che è la forma più estrema di mutilazione, in quanto dopo l'escissione dei genitali esterni i due lobi della vulva vengono tra loro cuciti con fili di seta o tenuti assieme con spine, così che, una volta cicatrizzati, occludono il canale vaginale ad eccezione di un piccolo foro per consentire il passaggio dell'urina e del sangue mestruale); a pratiche consistenti nel forare, trapassare, incidere o stirare il clitoride e/o le labbra.
Non sembra invece ammissibile riconoscere la scriminante dell'esercizio del diritto ex art. 51, che potrebbe astrattamente avanzarsi come effetto dell'esercizio del diritto di libertà religiosa o di un diritto scaturente da una consuetudine. Rilevato che le Mgf non costituiscono oggetto di prescrizione tassativa nell'ambito di alcuna religione, va comunque escluso che l'esercizio della libertà religiosa possa incidere sul diritto alla salute costituzionalmente garantito dall'art. 32. Né alcun rilievo può attribuirsi alla consuetudine, che verrebbe utilizzata, in contraddizione con il principio di legalità, per togliere efficacia alla legge.
La sentenza della Cassazione Penale qui allegata è una delle poche rinvenibili sul tema nel nostro Paese.
Valeria Cianciolo

Cass. Pen., Sez. V, sent. 14 ottobre 2021 n. 37422 - Pres. Sabeone, Cons. Rel.De Gregorio Cass. Pen., Sez. V, sent. 14 ottobre 2021 n. 37422 - Pres. Sabeone, Cons. Rel.De Gregorio
Il reato di mutilazione genitale femminile in Italia di Valeria Cianciolo Il reato di mutilazione genitale femminile in Italia di Valeria Cianciolo

Eventuali giustificazioni fondate sulla circostanza che l'agente per la cultura mutuata dal proprio paese d'origine sia portatore di diverse concezioni dei rapporti di famiglia, non assumono rilievo, in quanto la difesa delle proprie tradizioni deve considerarsi recessiva rispetto alla tutela di beni giuridici che costituiscono espressione di un diritto fondamentale dell'individuo ai sensi dell'art. 2 Cost.

Mutilazioni genitali femminili - Rif. Leg. artt. 5 e 583-bis cod. pen.

autore: Cianciolo Valeria