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La pendenza del procedimento di separazione fra coniugi esclude la competenza del tribunale per i Minorenni – Cass. 14 febbraio 2018 n. 3501

Mercoledì, 28 Marzo 2018
Giurisprudenza | Processo civile | Legittimità | Merito
Cass. ord. 3501 del 14 febbraio 2018 per visualizzare l'allegato è necessario autenticarsi

Il Tribunale per i minorenni aveva originariamente disposto la sospensione dei genitori dall'esercizio della responsabilità genitoriale nei confronti di uno solo dei figli, con il collocamento del minore presso una comunità terapeutica e la nomina di un tutore, successivamente il procedimento era stato in seguito esteso anche all'altro figlio con l'affidamento di entrambi i minori ai Servizi sociali. La Corte escludeva che la successiva instaurazione di un giudizio di separazione tra i genitori dinanzi al Tribunale ordinario comportasse l'incompetenza funzionale del Tribunale per i minorenni, osservando che il provvedimento impugnato era stato adottato nell'ambito di un procedimento incardinato in precedenza. Viene dunque proposto regolamento di competenza. La Suprema Corte rileva come il principio della concentrazione delle tutele richiamato dalla giurisprudenza di legittimità, come espressione del canone costituzionale di ragionevole durata del processo, in riferimento alla crisi dell'unione di fatto, al fine giustificare l'attrazione alla competenza del giudice minorile, prevista dall'art. 38 disp. att. c.p.c. soltanto per i provvedimenti riguardanti l'affidamento dei figli, anche delle domande,non contemplate dall'art. 317-bis c.c., concernenti il mantenimento degli stessi, se contestualmente avanzate, in modo tale da evitare disparità di trattamento rispetto ai figli di genitori coniugati. Al medesimo principio si è ispirato in seguito il legislatore, che, nel modificare l'art.38 disp. att. c.p.c., con la L. n. 219 del 2012, art. 3, comma 1, ha attribuito alla competenza del giudice ordinario, se proposte in pendenza di un giudizio di separazione o divorzio o di un giudizio ai sensi dell'art. 316 c.c., le azioni dirette ad ottenere provvedimenti ablativi o limitativi della responsabilità genitoriale, che pertanto, in deroga alla competenza attribuita dell'art. 38 cit., comma 1, primo periodo al tribunale per i minorenni, restano devolute, nella predetta ipotesi, al tribunale ordinario, se sia ancora in corso il giudizio di primo grado, o alla corte d'appello in composizione ordinaria, se penda il termine per l'impugnazione o sia stato proposto appello. La ratio di tale concentrazione dev'essere individuata non tanto nella esigenza di consentire una valutazione globale ed unitaria del conflitto familiare e delle attitudini genitoriali dei coniugi, destinata a rimanere comunque esclusa in caso di proposizione successiva della domanda di separazione o divorzio, quanto nella connessione oggettiva e soggettiva tra dette domande e quelle di cui agli artt. 330 e 333 c.c., che ne legittima la proposizione congiunta dinanzi al giudice del conflitto familiare, nonchè nella possibile interferenza tra i provvedimenti riguardanti l'affidamento dei figli e quelli ablativi o limitativi della responsabilità genitoriale, e nella conseguente necessità di garantire la coerenza delle relative determinazioni.

autore: Fossati Cesare