Ai fini dell'addebito della separazione il giudice deve valutare la condotta complessiva del coniuge e non solo singoli episodi di tale condotta. - Cass. sez. I, 2 settembre 2005, n. 17710
- Presupposti -
Per stabilire se la condotta di uno dei
coniugi si sia tradotta in fatti di persecuzione fisica e morale nei confronti dell'altro, e sia stata
perciò tale da giustificare l'addebito della separazione, il giudice di merito non deve considerare
atomisticamente i singoli accadimenti della vita matrimoniale, ma deve valutarli complessivamente,
nell'arco di tutta la durata della convivenza. L'obbligo di istruire e allevare la prole sussiste non
solo nei confronti di quest'ultima, ma anche nei confronti dell'altro coniuge: sicchè la condotta
autoritaria e violenta nei confronti dei figli, tale da indurre l'altro coniuge a schierarsi a difesa
di questi e rompere così il rapporto unitario che lega genitori e figli, costituisce una violazione
dei doveri nascenti dal matrimonio e può costituire giusta causa di addebito della separazione. La
condotta tenuta da uno dei coniugi dopo la separazione e in prossimità di essa, se pure privo di
efficacia autonoma nel determinare l'intollerabilità della convivenza, deve comunque essere valutato
dal giudice, quale elemento alla luce del quale valutare la condotta pregressa ai fini del giudizio di
addebitabilità.
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