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L’adesione ad un credo religioso può costituire motivo di addebito della separazione. Corte d’Appello di Napoli, sent. 12 luglio 2024

Martedì, 12 Novembre 2024
Giurisprudenza | Addebito della separazione | Merito
Corte d'appello di Napoli, sent. 12.07.24 per visualizzare l'allegato è necessario autenticarsi

Gli atteggiamenti di un coniuge, qualificabili in termini di condotte ontologicamente incompatibili con gli obblighi di assistenza morale e materiale e di collaborazione nell’interesse della famiglia a cui ciascuno dei coniugi è tenuto ai sensi dell’art. 143, secondo comma, c.c., sono suscettibili di determinare l’addebito della separazione qualora dall’istruttoria condotta in corso di causa emerga l’efficienza causale in ordine alla crisi della coppia, con conseguente esclusione dell’obbligo dell’altro coniuge a contribuire al mantenimento del primo, ai sensi dell’art. 156 c.c., con effetto decorrente dalla proposizione della domanda di controparte.

 

Rif. Leg. Artt. 143, 151, 156 c.c.

 

Addebito della separazione – Nesso di causalità – Violazione dei doveri nascenti dal matrimonio – Mutamento del credo religioso

 

Nella fattispecie, il ricorrente agiva in giudizio chiedendo la separazione giudiziale con pronuncia di addebito a carico della moglie, la quale dal momento in cui aveva iniziato a frequentare una congregazione di matrice cattolica aveva violato i doveri di assistenza morale e materiale che discendono dal matrimonio, tenendo comportamenti aggressivi e vessatori nei confronti del marito e palesando indifferenza verso gli obblighi familiari.

Rigettata, nei primi due gradi di giudizio, la domanda di addebito, la Corte di Cassazione accoglieva l’impugnazione, rinviando la decisione alla Corte d’Appello di Napoli, in diversa composizione.

Ricorda la Suprema Corte che la dichiarazione di addebito della separazione implica la prova che l'irreversibile crisi coniugale sia ricollegabile in via esclusiva al comportamento volontariamente e consapevolmente contrario ai doveri nascenti dal matrimonio di uno o di entrambi i coniugi cosicché, in caso di mancato raggiungimento della prova in relazione al fatto che il comportamento contrario ai predetti doveri tenuto da uno dei coniugi, o da entrambi, sia stato la causa efficiente del fallimento della convivenza, legittimamente viene pronunciata la separazione senza addebito (cfr. ex multis Cass., 40795/2021). Il giudice di merito, tuttavia, laddove intenda sostenere che una determinata condotta, che di per sé varrebbe ad integrare una violazione dei doveri conseguenti al matrimonio, non sia idonea a giustificare l'addebito della separazione ai sensi dell’art. 151 c.c., essendo non la causa del fallimento dell'unione matrimoniale, ma la conseguenza di una situazione di crisi già irrimediabilmente in atto, deve fondare una simile constatazione su una compiuta descrizione della situazione di vita invalsa fra i coniugi in epoca precedente al verificarsi della condotta di cui intende sminuire il valore eziologico.

La Corte d’Appello di Napoli, attenendosi ai principi indicati nell’ordinanza di rimessione  e in virtù delle prove orali espletate in corso di causa, arriva a ritenere che, nella fattispecie, la violazione dei doveri di assistenza morale e materiale, da parte della moglie, risalga a un momento antecedente alla crisi dell’unione: la svolta confessionale ha coinciso, dunque, con un cambio di atteggiamento nei confronti del coniuge, traducendosi in un comportamento ontologicamente incompatibile con gli obblighi di assistenza e collaborazione nell'interesse della famiglia e suscettibile di determinare l’addebito della separazione.

editor: Fossati Cesare