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Dichiarazioni delle vittime di reati sessuali e limiti del sindacato di legittimità sulla valutazione della loro credibilità - Cass. Pen., Sez. III, Sent., 17 maggio 2024, n. 19633

Cass. Pen., Sez. III, Sent., 17 maggio 2024, n. 19633; Pres. Ramacci, Rel. Cons. Aceto per visualizzare l'allegato è necessario autenticarsi

In tema di reati sessuali, la testimonianza della persona offesa, perché possa essere legittimamente utilizzata come fonte ricostruttiva del fatto per il quale si procede non necessita di altri elementi di prova che ne confermano l'attendibilità ma, anzi, al pari di qualsiasi altra testimonianza, è sorretta da una presunzione di veridicità secondo la quale il giudice, pur essendo tenuto a valutarne criticamente il contenuto, verificandone l'attendibilità, non può assumere come base del proprio convincimento l'ipotesi che il teste riferisca scientemente il falso (salvo che sussistano specifici e riconoscibili elementi atti a rendere fondato un sospetto di tal genere, in assenza dei quali egli deve presumere che il dichiarante, fino a prova contraria, riferisca correttamente quanto a sua effettiva conoscenza). Inoltre, la testimonianza della persona offesa, quando portatrice di un personale interesse all'accertamento del fatto, deve essere certamente soggetta ad un più penetrante e rigoroso controllo circa la sua credibilità soggettiva e l'attendibilità intrinseca del racconto, ma ciò non legittima un aprioristico giudizio di inaffidabilità della testimonianza stessa (espressamente vietata come regola di giudizio) e non consente di collocarla, di fatto, sullo stesso piano delle dichiarazioni provenienti dai soggetti indicati dall'art. 192, commi 3 e 4, cod. proc. pen.


Violenza – Violenza sessuale – Reati sessuali – Dichiarazioni della persona offesa – Valutazione; Rif. Leg. Art. 609-bis c.p.

autore: Ferrandi Francesca