A fini IRAP rileva l'apporto meramente esecutivo del collaboratore all'impresa familiare. Cass. Civ., Sez. V Trib., Ord. 4 settembre 2023, n. 25670
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In tema di IRAP, il giudice del merito deve valutare in concreto la natura dell'apporto fornito dal collaboratore all'impresa familiare e in particolare se tale apporto si connoti in termini meramente esecutivi (Cfr. Cass. n. 22469/2019). A tal fine è rilevante, per verificare la sussistenza del presupposto impositivo dell'autonoma organizzazione, l'attribuzione al collaboratore familiare di un reddito di impresa nella misura del 49%, percentuale massima prevista dalla legge, e ciò in quanto la quota di partecipazione agli utili rispecchia la quantità e qualità di lavoro prestato nell'impresa familiare.
Impresa familiare – presupposti impositivi
Rif. Leg. D.Lgs n. 446/1997 artt. 2, comma 1, 3, comma 1 lett c); Art. 2967 c.c. ; D.Lgs. n. 58 del 1998 art. 31.
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Nella fattispecie, la Corte di Cassazione è chiamata a pronunciarsi sul ricorso promosso dalla Agenzia delle Entrate avverso la sentenza n. 5447/22/2019 depositata il 30 dicembre 2019, con la quale la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia ha accolto l'originario ricorso del contribuente - promotore finanziario - contro il silenzio rifiuto formatosi sulle istanze di rimborso dell'IRAP versata per gli anni dal 2005 al 2013 (ad eccezione dell'istanza relativa al secondo acconto 2005 perché tardiva).
La Suprema Corte, premesso che in tema di IRAP, la prestazione svolta dal promotore finanziario non è qualificabile automaticamente come attività di impresa, di per sé assoggettata ad imposta, ma richiede una valutazione complessiva, da parte del giudice di merito, degli elementi di fatto offerti dalla fattispecie concreta, richiama il principio di diritto secondo il quale l'IRAP afferisce non al reddito o al patrimonio in sé, ma allo svolgimento di un'attività autonomamente organizzata per la produzione di beni e servizi, sicché ne è soggetto passivo pure l'imprenditore familiare, ma non anche i familiari collaboratori, atteso che la collaborazione dei partecipanti integra quel quid pluris dotato di attitudine a produrre una ricchezza ulteriore (o valore aggiunto) rispetto a quella conseguibile con il solo apporto lavorativo personale del titolare ed è, quindi, sintomatica del relativo presupposto impositivo (Cfr. Cass. n. 12616 del 2016).
Va pertanto cassata la sentenza della CTR, la quale ha escluso - senza alcuna specifica indagine - la sussistenza del presupposto impositivo dell'autonoma organizzazione in considerazione della peculiarità dell'attività svolta dal promotore finanziario, nonostante la moglie del contribuente percepisse compensi nella misura del 49%.
autore: Fossati Cesare
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