Accertamento di paternità e risarcimento del danno morale al figlio. Non riconosciuto se il padre non aveva conoscenza dell'esistenza del figlio. Tribunale di Ravenna, sentenza 528 del 30 aprile 2016.
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Il Collegio ha ritenuto provato il rapporto di filiazione sulla base di
una relazione sentimentale intrattenuta dall'uomo con la madre in un
periodo «compatibile con la nascita»
La contestazione del convenuto secondo cui la donna si vedeva anche con
altri uomini, «ove considerata in relazione al rifiuto di sottoporsi al
test del Dna finisce per rafforzare il valore indiziario da attribuire a
tale comportamento da consentire raggiunta la prova della paternità».
All'accertamento della paternità «conseguono in capo al convenuto tutti i
diritti e doveri del genitore, primo fra tutti quello di contribuire,
unitamente alla madre, a decorrere dalla nascita, al mantenimento del
minore»
Bocciata invece la domanda risarcitoria per «perdita del rapporto
parentale». Per i giudici infatti è vero che la Suprema corte (n.
26205/2013) ha affermato che «l'inosservanza dei doveri genitoriali,
lede il diritto del figlio di ricevere assistenza morale e materiale
essenziale per la costruzione dell'identità personale», in tal modo
arrecando «quasi certamente un danno alla prole» che presenta entrambi
gli elementi di struttura del danno non patrimoniale: 1) la grave
lesione di un diritto previsto dalla Costituzione; 2) il danno
risarcibile, quale conseguenza immediata e diretta dell'evento lesivo.
Tuttavia, conclude la sentenza, per la sussistenza della responsabilità
aquiliana da illecito endofamiliare, occorre valutare anche l'elemento
soggettivo della colpa, «ovvero la consapevolezza del concepimento da
parte dell'uomo che, nella specie, non appare provata ed anzi pare posta
in dubbio proprio dall'allegazione del convenuto, non smentita neppure
dall'attrice, riferibile alla concomitante frequentazione intrattenuta
dalla donna con un altro uomo all'epoca del concepimento».
autore: Zadnik Francesca
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