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Illegittimo il rifiuto dell'Ufficiale di Stato Civile di ricevere la dichiarazione di riconoscimento dei minori da parte della madre d’intenzione. Tribunale di Brescia, Decreto 16 febbraio 2023.

Venerdì, 6 Ottobre 2023
Giurisprudenza | Tutela della maternità | Procreazione assistita | Merito Sezione Ondif di Brescia
Tribunale di Brescia, Est. Consolandi, decreto 16.02.23 per visualizzare l'allegato è necessario autenticarsi

Secondo una lettura conforme al dettato costituzionale e alle norme sovranazionali, l'art. 8 della Legge n. 40/2004 - a mente del quale i nati a seguito dell'applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita hanno lo stato di figli nati nel matrimonio o di figli riconosciuti della coppia che ha espresso la volontà di ricorrere alle tecniche medesime - deve trovare applicazione anche nel caso in cui due madri abbiano avuto in Italia un figlio generato a mezzo di procreazione assistita effettuata all'estero.

Il riconoscimento da parte della madre intenzionale assume, infatti, natura peculiare rispetto al paradigma dell'art. 250 c.c., poiché non attesta la verità della generazione, bensì il consenso in origine prestato alla procreazione medicalmente assistita: si tratta, dunque, di un atto giuridico volto a completare la fattispecie del precitato art. 8 e determinare la costituzione del rapporto di filiazione con il genitore intenzionale.

Conseguentemente è illegittimo il rifiuto dell'Ufficiale di Stato Civile di ricevere la dichiarazione di riconoscimento dei due figli da parte della madre di intenzione, va dato atto del riconoscimento stesso e ordinata la rettificazione dell'atto di nascita dei minori, mediante aggiunta dell'indicazione del secondo genitore quale madre intenzionale.

 

Rif. Leg.: Legge 19 febbraio 2004, n. 40 artt. 1,4,5,6,8,9,12; Art. 250 c.c.; Artt. 95 e ss. D.P.R. 396/2000

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Il Tribunale di Brescia, nella fattispecie, è chiamato a pronunciarsi sulla impugnazione promossa da parte di due donne conviventi e unite civilmente avverso il diniego di iscrizione nei registri di stato civile, per venir riconosciute entrambe madri di due minori, partoriti entrambi, l'una nel 2014 e l'altro nel 2016, da una delle due madri a seguito di fecondazione artificiale effettuata all'estero.

Richiamato il proprio precedente sul tema, il Tribunale adito preliminarmente considera il dato normativo, evidenziando come l'art. 8 della Legge n. 40/2004 non subordini il conseguimento dello status filiationis al presupposto che il ricorso alla PMA sia avvenuto nel rispetto dei requisiti oggettivi e soggettivi di legge e che vada piuttosto interpretato alla luce della preminente esigenza, costituzionalmente garantita, di tutelare la condizione giuridica del nato, conferendogli, da principio, certezza e stabilità.

Con la premessa che la questione relativa allo status del figlio debba essere tenuta distinta rispetto a quella della liceità della tecnica prescelta per farlo nascere, il Tribunale, preso atto delle pronunce contrarie, di merito e legittimità, nonchè della giurisprudenza della Corte Costituzionale (Sentenza 32/2021) e delle Sezioni Unite (Sentenza 38162/2022), conclusivamente ritiene che non vi siano reali argomenti né letterali, né inerenti al supposto spirito della legge 40 e nemmeno sistematici che escludano, in virtù dell'art. 8, il valore di riconoscimento dello stato filiale anche della madre intenzionale, anche quando la PMA sia avvenuta in modo irregolare.

Esistono invece forti richiami di norme sovranazionali e anche della Corte Costituzionale – il cui non liquet sulla legislazione da introdurre non esclude il dovere di pronunciarsi nel caso singolo – ad evitare lo stato di non riconoscibilità e il pregiudizio concreto che deriverebbe al minore dalla carenza del secondo genitore, non essendo a ciò equiparabile l'adozione, come riconosciuto dalla Corte Costituzionale, dalla Corte CEDU e infine dalle Sezioni Unite.

Peraltro, stride la differenza di trattamento che la Corte di Cassazione pone fra la situazione del bambino concepito mediante PMA con madre intenzionale a seconda che sia nato in Italia - da non iscriversi - o all'estero - da trascriversi: si tratta infatti di situazioni analoghe, sotto il profilo della filiazione e del minore, cui viene destinato un trattamento opposto.

All’esame, dunque, delle numerose pronunce sia della Corte di Cassazione che di Superiori Corti, il Tribunale conferma l'orientamento già espresso nelle precedenti pronunce.

editor: Fossati Cesare