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La casa familiare, anche in comproprietà, può essere assegnata solo se vi sono figli. - Cassazione sez. I, 22 marzo 2007, n. 6979

- Presupposti -
In materia di separazione e di divorzio l'assegnazione della casa familiare, malgrado abbia anche riflessi economici, particolarmente valorizzati dall'articolo 6, comma 6, della legge n. 898 del 1970 (come sostituito dall'articolo 11 della legge n. 74 del 1987), essendo finalizzata all'esclusiva tutela della prole e dell'interesse di questa a permanere nell'ambiente domestico in cui è cresciuta, non può essere disposta a titolo di componente degli assegni rispettivamente previsti dagli articoli 156 del Cc e 5 della legge n. 898 del 1970, allo scopo di sopperire alle esigenze economiche del coniuge più debole, al soddisfacimento delle quali sono destinati unicamente gli assegni sopra indicati. Ne consegue che in difetto di figli, minorenni o maggiorenni non autosufficienti conviventi con i coniugi, sia che la casa familiare sia in comproprietà tra i coniugi, sia che appartenga in via esclusiva a un solo coniuge, il giudice non potrà adottare con la sentenza di separazione un provvedimento di assegnazione della casa coniugale, non autorizzandolo neppure l'articolo 156, che non prevede tale assegnazione in sostituzione o quale componente dell'assegno di mantenimento. In mancanza di una normativa speciale in tema di separazione, la casa familiare in comproprietà è soggetta, infatti, alle norme sulla comunione, al cui regime dovrà farsi riferimento per l'uso e la divisione. Va sollevata la questione di legittimità costituzionale della norma che prevede la revoca dell'assegnazione della casa familiare in caso di nuovo matrimonio del coniuge assegnatario.

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