La scuola ai tempi del covid-19, di Michela Labriola
La scuola ai tempi del covid-19. Michela Labriola |
I settori più colpiti dalla pandemia, che hanno mostrato con l’emergenza le falle del sistema, sono quelli che riguardano l’intervento ed il sostegno dello Stato per la salvaguardia dei diritti primari: istruzione, sanità e welfare.
Pagando forse uno tra i prezzi più alti in questa invasione virale, il giorno 5 marzo 2020, gli studenti di tutt’Italia hanno smesso, senza alcun preavviso, di sedersi sui banchi di scuola. L’anno scolastico sta per finire e le “case dell’istruzione” non riapriranno.
In realtà, i bambini ed i ragazzi non hanno smesso di studiare perché la scuola è andata da loro, tuttavia, nonostante la bontà delle intenzioni istituzionali, sono affiorate, ancor più prepotentemente, le disuguaglianze sociali, economiche e culturali che affliggono il nostro Paese.
Il diritto all’istruzione, artt. 33 e 34 della Carta, che, come tanti altri diritti fondamentali della persona abbiamo conquistato nel dopoguerra, è obbligatorio e garantito dai 6 ai 16 anni.
Com’è noto il percorso che va dal diritto all’esercizio dello stesso, spesso, è ad ostacoli. L’interesse del minore è la pietra angolare su cui si è costruita tutela dei figli, di fatto, la mancanza di mezzi adeguati e la deprivazione culturale spuntano le armi all’esigenza di salvaguardia dei deboli, molti aiuti vengono forniti attraverso l’assistenzialismo, il volontariato sociale ed gli enti del terzo settore.
La sperequazione sociale e di censo era già affiorata negli ultimi anni, con lo iato, sempre più evidente, tra licei e scuole professionalizzanti, tra quartieri, regioni, città e tipologia di impiego dei genitori.
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