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Comunicato Stampa CNB, 6 marzo 2023 n. 2 – Il caso Cospito e l’assenso o dissenso ai trattamenti diagnostici o sanitari del detenuto

Il “caso Cospito” è stato oggetto di un quesito che il ministro della Giustizia ha posto al Comitato Nazionale di Bioetica sull’applicazione della Legge 22 dicembre 2017, n. 219 in caso di persone detenute.
La Legge 22 dicembre 2017, n. 219 disciplina il rifiuto della persona ai trattamenti sanitari, anche salvavita, anche attraverso le disposizioni anticipate di trattamento (DAT). Fra i trattamenti sanitari sono compresi la nutrizione e l’idratazione artificiale. Se così è, in assenza di una specifica legge che possa limitare tale diritto, Cospito, attualmente al 41 bis, può lasciarsi morire posto che la nutrizione e l’alimentazione artificiale sono trattamenti sanitari che non possono essere imposti. Ma non è stata questa la strada percorsa dal CNB.
Dal Comunicato stampa si desume che il CNB, oltre alla condivisione di alcuni principi generali, non ha preso una posizione unitaria sul tema affrontato, ma ha manifestato diversi orientamenti: in sintesi, la maggioranza è stata favorevole all’attuazione di trattamenti salvavita, ritenendo inapplicabili a casi del genere eventuali DAT, un altro indirizzo minoritario ha sposato il diritto di autodeterminazione terapeutica, anche a costo della vita, mentre un’ultima tesi propende per l’opportunità, se non la necessità, di uno specifico intervento normativo per disciplinare casi analoghi secondo un bilanciamento rimesso alla discrezionalità del legislatore, da esercitarsi peraltro entro stretti vincoli.
Nella nota del CNB si legge che “la maggioranza dei componenti del Cnb (19), ha ritenuto che, nel caso di imminente pericolo di vita, quando non si è in grado di accertare la volontà attuale del detenuto, il medico non è esonerato dal porre in essere tutti quegli interventi atti a salvargli la vita. La stessa Corte europea dei diritti umani ha sostenuto di recente che né le autorità penitenziarie, né i medici potranno limitarsi a contemplare passivamente la morte del detenuto che digiuna”.
Probabilmente, la risposta che viene data dal CNB è da intravedersi nelle ricadute che possono aversi in termini di costi sociali sull'intera collettività attraverso il ricatto del digiuno che potrebbero fomentare la diffusione di disordini e manifestazioni di matrice anarchica. E non solo. Perché altri detenuti al 41 bis potrebbero emulare Cospito.
I problemi fra etica e diritto sono un nodo gordiano di difficile soluzione.
Il difensore di Cospito, Avv. Flavio Rossi Albertini, intende presentare ricorso alla Corte europea dei diritti umani.
Valeria Cianciolo