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Anche gli immobili se destinati all'esercizio di attività imprenditoriale di uno dei coniugi entrano in comunione de residuo. - Cass. sez. I, 19 settembre 2005, n. 18456

Lunedì, 19 Settembre 2005
Giurisprudenza | Comunione legale | Legittimità

- Comunione de residuo -
I beni di cui all'articolo 178 cod. civ. devono qualificarsi sulla base dell'oggettivo criterio della loro effettiva finalizzazione, dopo il matrimonio, all'attività imprenditoriale di uno dei coniugi, mentre i beni ex articolo 179, lettera d), cod. civ. si caratterizzano per la loro stretta appartenenza alla sfera personale di un coniuge e sono strumentali allo svolgimento di un'attività libero-professionale. Nel primo caso il bene acquistato dal coniuge imprenditore entra nella comunione comunione de residuo; nel secondo caso, invece, i beni acquistati per la professione restano personali, salva l'eccezione di cui al comma 2 dell'articolo 179 cod. civ., che per l'esclusione dalla comunione di alcuni beni richiede quale ulteriore requisito la parteçipazione dell'altro coniuge all'atto di acquisto. I beni acquistati dopo il matrimonio e in costanza di comunione legale da uno solo dei coniugi e da lui destinati all'esercizio della sua impresa, sono sempre esclusi dalla comunione legale senza alcun bisogno che l'altro coniuge renda la dichiarazione prevista dall'art. 179, comma 2, cod. civ. Costituisce pertanto operazione ermeneutica ingiustificata e contra legem integrare l'articolo 178 cod. civ. con la previsione di cui all'ultimo comma dell'articolo 179 cod. civ. non essendo adattabile il requisito dell'assenso dell'altro coniuge all'esclusione al bene funzionale all'esercizio dell'attività imprenditoriale.

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