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L’attività di lavoro prestata dal convivente non può darsi per forza gratuita. Cass. Civ., Sez. Lav.., Ord. 11 aprile 2024, n. 9778

Martedì, 16 Aprile 2024
Giurisprudenza | Impresa familiare | Convivenze | Legittimità
Cass. sez. Lav., Est. Pagetta, ord. 11.04.24 n.9778 per visualizzare l'allegato è necessario autenticarsi

L'attività lavorativa e di assistenza svolta in favore del convivente "more uxorio" assume la connotazione di una obbligazione naturale, nel rispetto dei principi di proporzionalità e adeguatezza, quando sia espressione dei vincoli di solidarietà ed affettività di fatto esistenti, alternativi a quelli tipici di un rapporto a prestazioni corrispettive, quale il rapporto di lavoro subordinato, benché non possa escludersi che, talvolta, essa trovi giustificazione proprio in quest'ultimo, del quale deve fornirsi prova rigorosa, e la cui configurabilità costituisce valutazione, riservata al giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità ove adeguatamente motivata.

Conf. Cass. n. 1266/2016

Rif. Leg. Art. 2094 c.c.

Convivenza more uxorio – Obbligazione naturale – Proporzionalità e adeguatezza – Rapporto di lavoro subordinato

La Corte di Cassazione, nella fattispecie, rigettando il ricorso, conferma e sostiene le ampie argomentazioni della sentenza impugnata, che ha valorizzato le circostanze fattuali emerse dalla prova orale in ordine alle ragioni per escludere la gratuità della prestazione resa dalla convivente nell’azienda del ricorrente, in particolare la sua quotidiana e costante presenza presso la struttura, il suo pieno inserimento nella gestione amministrativo-contabile e nella organizzazione del lavoro, anche in virtù di specifiche competenze professionali. Tanto giustifica le conclusioni della Corte di merito in ordine alla non gratuità dell’attività espletata.

D’altro canto, l’accertamento dell’eterodirezione deve essere adeguato allo specifico contesto del rapporto sentimentale e di convivenza more uxorio tra le parti, alla stregua del quale ai fini del concreto apprezzamento della natura subordinata del rapporto è sufficiente il pieno e stabile inserimento della compagna nella organizzazione di lavoro del ricorrente e l’assenza in capo alla stessa di autonomia gestionale, come appurato dal giudice di merito.

autore: Fossati Cesare