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Il diritto di contestare in sede giurisdizionale le decisioni di rigetto di una domanda di ricongiungimento familiare. Corte giustizia Unione Europea Sez. III, Sent., 16 luglio 2020, n. 133/19 deve essere effettivo e reale.

L'articolo 7 della Carta, che contiene diritti corrispondenti a quelli garantiti dall'articolo 8, paragrafo 1, della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, riconosce il diritto al rispetto della vita privata e familiare. Tale disposizione della Carta deve essere letta in combinato disposto con l'obbligo di prendere in considerazione l'interesse superiore del minore, sancito dall'articolo 24, paragrafo 2, della stessa, tenendo conto parimenti della necessità per il minore di intrattenere regolarmente relazioni personali con entrambi i genitori, affermata al paragrafo 3 dello stesso articolo. Ne consegue che le disposizioni della direttiva 2003/86 devono essere interpretate e applicate alla luce dell'articolo 7 e dell'articolo 24, paragrafi 2 e 3, della Carta, come risulta del resto dai termini del considerando 2 e dall'articolo 5, paragrafo 5, di tale direttiva, che impongono agli Stati membri di esaminare le domande di ricongiungimento nell'interesse dei minori coinvolti e nell'ottica di favorire la vita familiare.

Per questi motivi, l'articolo 4, paragrafo 1, primo comma, lettera c), della direttiva 2003/86/UE del Consiglio, del 22 settembre 2003, relativa al diritto al ricongiungimento familiare, deve essere interpretato nel senso che la data a cui occorre fare riferimento per determinare se un cittadino di un paese terzo o un apolide non coniugato sia un figlio minorenne, ai sensi di tale disposizione, è quella in cui è presentata la domanda di ingresso e di soggiorno ai fini del ricongiungimento familiare per figli minorenni e non quella in cui le autorità competenti di tale Stato membro statuiscono su tale domanda, eventualmente dopo un ricorso avverso la decisione di rigetto di siffatta domanda.

Corte giustizia Unione Europea Sez. III, Sent., 16 luglio 2020, n. 133/19 per visualizzare l'allegato è necessario autenticarsi

L'articolo 7 della Carta, che contiene diritti corrispondenti a quelli garantiti dall'articolo 8, paragrafo 1, della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, riconosce il diritto al rispetto della vita privata e familiare. Tale disposizione della Carta deve essere letta in combinato disposto con l'obbligo di prendere in considerazione l'interesse superiore del minore, sancito dall'articolo 24, paragrafo 2, della stessa, tenendo conto parimenti della necessità per il minore di intrattenere regolarmente relazioni personali con entrambi i genitori, affermata al paragrafo 3 dello stesso articolo. Ne consegue che le disposizioni della direttiva 2003/86 devono essere interpretate e applicate alla luce dell'articolo 7 e dell'articolo 24, paragrafi 2 e 3, della Carta, come risulta del resto dai termini del considerando 2 e dall'articolo 5, paragrafo 5, di tale direttiva, che impongono agli Stati membri di esaminare le domande di ricongiungimento nell'interesse dei minori coinvolti e nell'ottica di favorire la vita familiare.

Per questi motivi, l'articolo 4, paragrafo 1, primo comma, lettera c), della direttiva 2003/86/UE del Consiglio, del 22 settembre 2003, relativa al diritto al ricongiungimento familiare, deve essere interpretato nel senso che la data a cui occorre fare riferimento per determinare se un cittadino di un paese terzo o un apolide non coniugato sia un figlio minorenne, ai sensi di tale disposizione, è quella in cui è presentata la domanda di ingresso e di soggiorno ai fini del ricongiungimento familiare per figli minorenni e non quella in cui le autorità competenti di tale Stato membro statuiscono su tale domanda, eventualmente dopo un ricorso avverso la decisione di rigetto di siffatta domanda.

autore: Zadnik Francesca