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Sull'irrevocabilità dell'assegnazione della casa familiare in caso di allontanamento infrasettimanale da essa da parte del coniuge assegnatario e affidatario del figlio minore (Cass. civ., sez. I, 9 agosto 2012, n. 14348.

Domenica, 24 Novembre 2013
Giurisprudenza | Assegnazione della casa | Legittimità
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Considerato il caso di una madre ritualmente separata dal coniuge, affidataria di un'unica figlia in tenera età, assegnataria, dopo la separazione, della casa familiare, infermiera turnista presso una struttura ospedaliera della stessa città di residenza e costretta per ciò a dei turni di lavoro che la obbligano ad assentarsi, per brevi periodi, ma strettamente ecessari all'assolvimento del proprio lavoro, dalla casa familiare, che affida ai propri genitori, residenti nella sua città di residenza e non lontano dal luogo del lavoro materno la migliore cura della minore e rientra con lei subito nella propria casa familiare, dove permaneva e permane sempre nei fine-settimana, nei giorni festivi, nel periodo estivo ed allorché è libera dai propri impegni lavorativi, assicura da sempre ed ininterrottamente, così, alla minore (ormai iscritta con successo alle scuole elementari della città) il suo habitat familiare consueto e tradizionale, nonché necessario per la crescita serena e senza traumi della figlia; ritenuto che i nonni materni predetti erogano alla nipotina adeguate cure alimentari ed il soddisfacimento di ogni altra necessaria bisogna; ritenuto che il marito ricorrente non ha mai segnalato alcun concreto, reale pericolo o pregiudizio per la figlia, che gode di un invidiabile benessere psicofisico; tutto quanto precede ritenuto e premesso, va affermato che con la sua condotta la madre conserva, "rebus sic stantibus", malgrado i non disinteressati asseriti allarmi paterni, il diritto di conservare la qualità di assegnataria della casa familiare e di affidataria della figlia minore, diritti, peraltro, riconosciutile ed a lei attribuiti da entrambi i giudizi di merito.

In tema di separazione giudiziale dei coniugi, può revocarsi l'assegnazione della casa familiare al coniuge affidatario, ovvero con cui convivano i figli minori, che non vi abiti più stabilmente, allorché l'altro coniuge - che ne è onerato - provi che ciò sia ormai irreversibile, e sempre che il giudice accerti che tale misura non contrasti con l'interesse della prole


Cass. 14348/2012


Svolgimento del processo


che M.A., con ricorso del 19 novembre 2008, adì il Tribunale ordinario di Messina, chiedendo la modificazione delle condizioni della separazione consensuale dalla moglie P. C., omologata dallo stesso Tribunale con decreto del 19-20 settembre 2007, con la quale era stato convenuto, tra l'altro, che la figlia minore S. era affidata alla madre e che il godimento della casa familiare - di proprietà del marito - era attribuito alla P.;


che il M. dedusse, in particolare, che la moglie e la figlia di sei anni non abitavano più stabilmente nella casa familiare - sita nella frazione (OMISSIS), essendosi la P. trasferita con la figlia minore presso la casa dei propri genitori - sita in (OMISSIS), e chiese perciò la revoca dell'assegnazione;


che, costituitasi, la P. concluse per la reiezione del ricorso, dedusse che, lavorando come infermiera turnista nel reparto di terapia intensiva neonatale dell'Azienda ospedaliera (OMISSIS), era stata costretta ad "appoggiarsi" per cinque giorni alla settimana presso la casa dei genitori che provvedevano alla bambina (scuola, pasti) in sua assenza, e precisò tuttavia che lei stessa e la figlia abitavano stabilmente nella casa familiare tutti i fine settimana, i giorni festivi e la stagione estiva;


che il Tribunale adito - all'esito di istruzione probatoria documentale ed orale -, con decreto del 9 giugno 2009, respinse il ricorso;


che, a seguito di reclamo del M. cui resistette la P., la Corte d'Appello di Messina, con decreto del 21 dicembre 2009, respinse il reclamo;


che la Corte, per quanto in questa sede rileva, ha osservato: a)...


il provvedimento impugnato non merita le censure mosse dal reclamante dal momento che la compiuta istruttoria ha permesso di accertare che l'abitazione coniugale non è stata abbandonata dal coniuge affidatario della minore che solo temporaneamente nel corso della settimana, per fondate ragioni lavorative (ella è infermiera presso l'Ospedale (OMISSIS) e la casa familiare è ubicata in zona SUD della città a (OMISSIS)), si appoggia alla casa dei propri genitori che, viceversa, si trova in zona NORD e che possono aiutarla nella crescita della piccola S. senza negarle i necessari supporti di ordine logistico che sono fondamentali nello svolgimento dei bisogni quotidiani; b)... la circostanza che la bambina sia stata iscritta in una scuola di (OMISSIS) non comporta lo snaturarsi della funzione della casa familiare, ove le due donne si recano ogni fine settimana e nei periodi di vacanza, poichè il domicilio coniugale mantiene la sua funzione primaria che è quella di assicurare al minore la propria armoniosa crescita senza subire il trauma aggiuntivo dell'allontanamento definitivo dal luogo ove ha trascorso i primi anni di vita così come il riferimento all'aiuto economico che i genitori assicurano alla P. evitandole di ricorrere a persone stipendiate per la cura della bambina non significa considerare la casa familiare come un surrogato parziale dell'assegno di mantenimento dal momento che il Tribunale ha solo inteso fare riferimento a ragioni di equità che suggeriscono di assecondare una scelta della madre che non equivale ad abbandono della casa coniugale (del resto, la sistemazione precaria in casa dei nonni materni non assicurerebbe alla figlia della coppia la necessaria stabilità della quale ella necessita specie con il passare degli anni) e che, di conseguenza, non integra un fatto sopravvenuto che possa giustificare la invocata revoca della assegnazione della casa;


che avverso tale decreto, M.A. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo tre motivi di censura;


che resiste, con controricorso, P.C.;


che il Procuratore generale ha concluso per il rigetto del ricorso.

Motivi della decisione


che, con il primo motivo (con cui deduce: Violazione e falsa applicazione di norme di diritto - art. 360 c.p.c., n. 3 in relazione a quanto disposto dall'art. 155-quater c.c.), il ricorrente critica il provvedimento impugnato e - sulla premessa che la ratio dell'art. 155-guater cod. civ. sta nell'assicurare la conservazione dell'ambiente domestico ai figli - sostiene che i Giudici a quibus:


a) hanno omesso di considerare che, nella specie, le pacifiche circostanze di causa integrano la fattispecie di revoca di cui allo stesso art. 155-quater, comma 1, terzo periodo avendo la casa familiare perduto la sua naturale funzione di tutela della figlia minore, tenuto anche conto dei fondamentali principi enunciati sia dalla Corte di cassazione sia dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 308 del 2008; b) avrebbero dovuto decidere la fattispecie secondo il criterio della "prevalenza" della vita della prole presso la casa familiare o altrove;


che, con il secondo (con cui deduce: Violazione e falsa applicazione di norme di diritto - art. 360 c.p.c., n. 3 in relazione all'art. 2691 c.c. e all'art. 112 c.p.c.) e con il terzo motivo (con cui deduce: Omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia) - i quali possono essere esaminati congiuntamente, avuto riguardo alla loro stretta connessione -, il ricorrente critica ancora il provvedimento impugnato, sostenendo che sia il Tribunale sia la Corte d'Appello hanno fondato la decisione sul solo interrogatorio libero della P., non ammettendo e non assumendo l'interrogatorio formale di quest'ultima e la prova testimoniale articolata, in tal modo impedendo l'esercizio del proprio diritto alla tutela giurisdizionale, violando i principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato ed omettendo qualsiasi motivazione al riguardo;


che il ricorso non merita accoglimento; che il primo motivo è infondato;


che la fattispecie sottostante al presente ricorso consiste in ciò, che la controricorrente - separata consensualmente dal ricorrente, affidataria della figlia minore ed assegnataria della casa familiare -, in ragione del lavoro svolto (infermiera turnista nel reparto di terapia intensiva neonatale dell'Azienda ospedaliera (OMISSIS), sita a notevole distanza dalla stessa casa familiare) e delle necessità di accudimento della figlia minore (che frequentava l'asilo ed attualmente frequenta la scuola elementare), vive per cinque giorni della settimana presso la casa dei propri genitori (sita in vicinanza del luogo di lavoro), i quali possono assicurare detto accudimento (scuola, pasti), e torna presso la casa familiare nei fine settimana, nei giorni festivi e nel periodo estivo;


che tale fattispecie, sostanzialmente incontestata tra le parti, pone la questione se ad un comportamento siffatto, o di analogo contenuto, del genitore affidatario del figlio minore (o convivente con il figlio maggiorenne non economicamente autosufficiente) ed assegnatario della casa familiare consegua necessariamente, oppure no, l'estinzione del diritto al godimento della stessa e, conseguentemente, la revoca della sua assegnazione, ai sensi dell'art. 155-quater c.c., comma 1, terzo periodo, nella parte in cui dispone che Il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso che l'assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare ...;


che la risposta negativa si impone per le considerazioni che seguono:


a) in primo luogo, essendo ormai legislativamente stabilito che Il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell'interesse dei figli (art. 155-quater c.c., comma 1, primo periodo), tale disposizione risponde all'esigenza, prevalente su qualsiasi altra, di conservare ai figli di coniugi separati l'habitat domestico, da intendersi come il centro degli affetti, degli interessi e delle consuetudini in cui si esprime e si articola la vita familiare (cfr., ex plurimis e tra le ultime, la sentenza n. 14553 del 2011); b) in secondo luogo, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 308 del 2008 - nel dichiarare non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 155-quater c.c., comma 1, introdotto dalla L. 8 febbraio 2006, n. 54, art. 1, comma 2, (Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli), anche in combinato disposto con l'art. 4 della stessa legge, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 29 e 30 Cost., nella parte in cui prevede la revoca automatica dell'assegnazione della casa familiare nel caso in cui l'assegnatario conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio -, ha affermato, in via generale, che dal contesto normativo e giurisprudenziale emerge che non solo l'assegnazione della casa familiare, ma anche la cessazione della stessa, è stata sempre subordinata, pur nel silenzio della legge, ad una valutazione, da parte del giudice, di rispondenza all'interesse della prole, da tale principio deducendo, con riferimento specifico alla fattispecie, che l'art. 155-guater cod. civ., ove interpretato, sulla base del dato letterale, nel senso che la convivenza more uxorio o il nuovo matrimonio dell'assegnatario della casa sono circostanze idonee, di per se stesse, a determinare la cessazione dell'assegnazione, non è coerente con i fini di tutela della prole, per il quale l'istituto è sorto, e concludendo nel senso che La coerenza della disciplina e la sua costituzionalità possono essere recuperate ove la normativa sia interpretata nel senso che l'assegnazione della casa coniugale non venga meno di diritto al verificarsi degli eventi di cui si tratta (instaurazione di una convivenza di fatto, nuovo matrimonio), ma che la decadenza dalla stessa sia subordinata ad un giudizio di conformità all'interesse del minore; c) in terzo luogo, anche l'art. 155-quater c.c., comma 1, terzo periodo, nella parte in cui dispone che Il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso che l'assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare ..., deve essere interpretato, in conformità con i predetti principi, nel senso che, sebbene tali casi di revoca dell'assegnazione della casa familiare siano collegati ad eventi che fanno presumere il venir meno della esigenza abitativa, tuttavia la prova di tali eventi - che onera chi agisce per la revoca - deve essere particolarmente rigorosa in presenza di prole affidata o convivente con l'assegnatario ed attestare in modo univoco che gli eventi medesimi sono connotati dal carattere della "stabilità", cioè dell'irreversibilità, ed inoltre nel senso che il giudice investito della domanda di revoca deve comunque verificare che il provvedimento richiesto non contrasti con i preminenti interessi della prole affidata o convivente con l'assegnatario;


che i Giudici a quibus si sono sostanzialmente conformati a tali principi in quanto, nel sottolineare che, in presenza della su descritta fattispecie, la scelta della madre ... non equivale ad abbandono della casa coniugale perchè determinata da serie ragioni sia di lavoro sia, conseguentemente, di accudimento familiare e scolastico della figlia minore nei relativi periodi di assenza presso la casa dei nonni materni, hanno correttamente ritenuto che l'allontanamento infrasettimanale dalla casa familiare non è connotato dal carattere della "stabilità" e, quindi, non integra la condizione essenziale per la revoca dell'assegnazione della casa familiare;


che il secondo ed il terzo motivo - unitariamente considerati - sono inammissibili;


che, infatti, il ricorrente - nel dolersi che i Giudici a quibus hanno fondato la decisione impugnata sul solo interrogatorio libero della controricorrente, non ammettendo e non assumendo l'interrogatorio formale di quest'ultima e la prova testimoniale articolata, in tal modo impedendo l'esercizio del proprio diritto alla tutela giurisdizionale, violando i principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato ed omettendo qualsiasi motivazione al riguardo - non deduce nè argomenta circa il carattere "decisivo" delle circostanze articolate a prova orale (per interrogatorio formale e per testimoni), tale cioè da condurre ad una decisione diversa ed a sè favorevole ove tali prove fossero state ammesse ed assunte, essendosi limitato a trascrivere, nella descrizione dello svolgimento del processo di primo grado, i capitoli di prova, con ciò dando per dimostrato il loro carattere decisivo;


che le spese del presente grado del giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.


Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, che liquida in complessivi Euro 1.700,00, ivi compresi Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.


Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Prima Sezione Civile, il 3 maggio 2012.


Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2012

autore: Campione Francesco