Accertamento giudiziale della paternità naturale - Cass. sez. I, 16 aprile 2008, n. 10007
L'accertamento genetico della paternità attraverso una consulenza tecnica rientra
nei poteri del giudice del merito il quale può ritenere superfluo l'esame ove abbia già acquisito
elementi sufficienti.
L'art. 269 c.c. non pone alcuna limitazione in ordine ai mezzi con i
quali può essere provata la paternità naturale e, così, consente che quella prova possa essere anche
indiretta ed indiziaria, a possa essere raggiunta attraverso una serie di elementi presuntivi che,
valutati nel loro complesso e sulla base del canone dell'id quod plerumque accidit, risultino idonei,
per la loro attendibilità e concludenza, a fornire la dimostrazione completa e rigorosa della
paternità. In particolare, nell'ambito di queste circostanze indiziarie sono utilizzabili come
elementi di giudizio il tractatus e la fama (consistendo il primo nell'effettivo rapporto fra
l'asserito genitore e la persona a cui favore si chiede la dichiarazione giudiziale di paternità, nel
senso che il padre l'abbia trattata come figlio e abbia provveduto in questa qualità al mantenimento,
all'educazione e all'istruzione, e la seconda nella manifestazione esterna di tale rapporto nelle
relazioni sociali), essendo gli stessi indicativi di quel possesso di stato di figlio naturale, al
quale già il testo dell'abrogato art. 270 c.c. attribuiva l'idoneità a dimostrare la paternità
naturale (Cass., Sez. I, 5 agosto 1997, n. 7193). L'ammissione della consulenza tecnica d'ufficio
rientra nei poteri discrezionali del giudice del merito (Cass., Sez. I, 28 febbraio 2006, n. 4407) e
anche nel giudizio per la dichiarazione giudiziale di paternità naturale (dove la consulenza tecnica
non ha in realtà la semplice funzione di fornire al giudice la valutazione relativa a fatti già
acquisiti al processo, ma costituisce essa stessa fonte di prova e di accertamento di situazioni di
fatto), il ricorso alle indagini ematologiche e genetiche è rimesso alla valutazione del giudice, il
quale può ritenerle superflue ove abbia già acquisito elementi sufficienti a fondare il proprio
convincimento (Cass., Sez. I, 18 aprile 1997, n. 3342; Cass., Sez. I, 25 febbraio 2002, n. 2749).
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