L’amministratore di sostegno non è legittimato a proporre querela in nome e per conto del beneficiario se tale atto non è autorizzato dal decreto di nomina. Corte d’Appello di Trento, sentenza 2 aprile 2025
Il potere di proposizione della querela, che è un atto personalissimo, non è sussumibile tra gli atti che l'amministratore di sostegno è legittimato a porre in essere in nome e nell'interesse dell'amministrato se non alla preliminare condizione che il decreto di nomina a ciò lo autorizzi espressamente; è al provvedimento genetico di nomina che deve farsi riferimento al fine di verificare se l'amministratore sia o meno titolare del diritto di proposizione della querela nel nome e nell'interesse dell'assistito. Ciò in quanto la persona beneficiaria di amministrazione di sostegno non è ritenuta priva di capacità - come nel caso del minore o dell'interdetto - e dunque conserva la titolarità dell'autonomo e personalissimo diritto di proporre querela, salvo per l'appunto che il decreto di nomina contenga una espressa previsione di segno contrario.
Rif. Leg. Artt. 81, 110, 388, 643 c.p.; Art. 336 c.p.p.
Querela – Costituzione di parte civile – Legittimazione – Autorizzazione – Decreto di nomina – Circonvenzione di persone incapaci – Procura
Con sentenza emessa all'esito di giudizio abbreviato, il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Trento dichiarava di non doversi procedere nei confronti degli imputati per il reato loro ascritto ai capi 1 e 2 (artt. 81, 110, 388 c.p.) per mancanza della condizione di procedibilità; assolveva gli imputati del reato di cui all’art. 643 c.p. per insussistenza del fatto
Il primo giudice rilevava che il Giudice Tutelare di Trento aveva nominato due amministratori di sostegno, professionisti, in favore della persona offesa in quanto affetta da numerose patologie e da ridotta capacità psichica. I due amministratori depositavano un esposto - formalizzando tale atto come querela - con il quale, premesso di aver chiesto ed ottenuto dal Giudice Tutelare l'autorizzazione a costituirsi parti civili nell'interesse del loro amministrato nell'ambito di un procedimento penale per maltrattamenti e sequestro di persona a carico del figlio, rappresentavano che questi aveva condotto l'anziano padre presso lo studio medico dello psichiatra al quale aveva fatto predisporre una relazione in cui attestava che il medesimo genitore, informato della costituzione di parte civile, dichiarava la sua volontà di non volersi costituire; tale dichiarazione era stata poi utilizzata in sede penale dallo stesso figlio per chiedere l'esclusione della parte civile già costituita.
Lo stesso figlio, dopo essersi procurato un certificato medico, grazie alla collaborazione di due avvocati, aveva quindi condotto il padre presso un avvocato il quale si era fatto rilasciare una procura alle liti, predisposta da entrambi i legali, al fine di proporre reclamo contro la decisione del giudice tutelare di autorizzare la costituzione di parte civile dell'amministratore di sostegno.
Sull’appello promosso dal Procuratore della Repubblica di Trento, la Corte d’Appello riteneva l’impugnazione in parte priva di portato controargomentativo volto ad evidenziare vizi del percorso motivazionale sotteso alla pronuncia di primo grado.
Con riferimento alla questione afferente la presenza, in atti, di una valida ed efficace querela, la Corte rileva che in alcuna sua parte il decreto originario di nomina attribuisce agli amministratori di sostegno il potere di presentare querela in nome e per conto dell'amministrato; pertanto, la querela formalizzata promana da soggetto a ciò non legittimato (e ciò malgrado il provvedimento autorizzativo emesso dallo steso Giudice Tutelare), e pertanto non può ritenersi come valido ed efficace atto di promozione dell'azione penale.
In ordine alla richiesta di rimessione nel termine per la proposizione della querela formulata dall'appellante, il Collegio ritiene che, essendo intervenuta la nomina del curatore speciale nel procedimento di primo grado, la richiesta formulata nell'atto di impugnazione provenga da soggetto non legittimato e per di più sia irrilevante.
Quanto all’addebito di cui all’art. 643 c.c., ritiene la Corte che nel caso in esame non vengono dedotti gli elementi fattuali da cui poter inferire che i due legali, consapevoli che il figlio avesse in qualche modo fatto pressione sul padre al fine di fargli sottoscrivere la procura, abbiano prestato la propria opera professionale con la volontà di agevolare, o comunque favorire, le mire dell’imputato, in tal modo al modo tradendo i fondamenti etici e morali della professione forense.
Anche sotto tale profilo, l'atto di impugnazione è carente di specificità e di portato controargomentativo risultando dunque inammissibile.
editor: Fossati Cesare
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