In difetto di pubblicità, la ricostituzione della comunione legale derivante dalla riconciliazione dei coniugi non può essere opposta al terzo in buona fede. Cass. Civ., Sez. I, Ord. 18 gennaio 2025, n. 1256

Cassazione civile sez. I, Est. Russo, ordinanza 18/01/2025, n. 1256 per visualizzare l'allegato è necessario autenticarsi

Lo scioglimento della comunione legale tra i coniugi quale effetto della loro separazione personale è rimosso, tanto in caso di separazione giudiziale che consensuale, dalla riconciliazione ai sensi dell'art. 157 c.c. dei coniugi medesimi, anche se essa avviene per fatti concludenti e cioè con la ripresa di una comunione materiale e morale di vita e di intenti, connotata da tutte le caratteristiche della vita coniugale. Alla riconciliazione segue quale effetto ex lege il ripristino automatico del regime di comunione originariamente adottato, salvo che le parti non stipulino diversa convenzione matrimoniale e con la sola esclusione degli acquisti effettuati durante il periodo di separazione, fatta salva l'invocabilità della buona fede da parte dei terzi che abbiano acquistato diritti da uno dei coniugi, in assenza di adeguata pubblicità.

Rif. Leg. Artt. 156, 157, 158, 191 c.c.

Comunione legale – Separazione – Riconciliazione – Ricostituzione comunione legale - Opponibilità a terzi – Pubblicità – Buona fede

Parte attrice, deducendo che, in costanza di matrimonio, il convenuto aveva acquistato un appartamento con annesso garage, da intendersi rientrante nel regime patrimoniale della comunione legale, e che successivamente alla declaratoria di cessazione degli effetti civili del matrimonio, il medesimo convenuto aveva venduto il bene senza metterne al corrente l'attrice, chiedeva al Tribunale, previo accertamento della appartenenza alla comunione legale, di condannare il convenuto a corrisponderle la metà del prezzo di vendita. Il Tribunale accoglieva la domanda attorea, con sentenza parzialmente riformata dalla Corte d'Appello che rilevava come, in seguito ad una riconciliazione, lo scioglimento (definitivo) della comunione legale fosse intervenuto con atto pubblico successivo alla separazione dei coniugi.

La Corte di Cassazione, in ordine al primo motivo di impugnazione, rileva come secondo la costante interpretazione dell’art.  157 c.c., una volta rimossa con la riconciliazione la causa di scioglimento della comunione costituita dalla separazione personale dei coniugi (art. 191 c.c.), si ripristina automaticamente tra le parti il regime di comunione originariamente adottato, con esclusione di quegli acquisti effettuati durante il periodo della separazione (Cfr. Cass. n. 11418 del 12/11/1998); in mancanza di un regime di pubblicità della riconciliazione, la ricostituzione della comunione legale derivante dalla riconciliazione non può essere opposta al terzo in buona fede che abbia acquistato a titolo oneroso un immobile dal coniuge che risultava unico ed esclusivo del medesimo, benché lo avesse acquistato successivamente alla riconciliazione (Cfr. Cass. n. 18619 del 05/12/2003; Cass. n. 6820 del 11/03/2021)

Quanto all’azione esperita dalla moglie, si precisa che alla luce del diritto italiano, essa è fondata non solo sulla operatività della clausola della buona fede, ma anche sul diritto di proprietà, che, una volta venduto il bene, diviene diritto a riscuotere il prezzo.

Pertanto, una volta accertato che il bene era caduto in comunione legale tra i coniugi e che dopo lo scioglimento di detta comunione nessuno aveva richiesto la divisione, così da rendersi applicabile il regime della comunione ordinaria, la Corte di merito è giunta correttamente alla conclusione che il prezzo della vendita dovesse essere diviso in due parti eguali, decurtando però le somme di cui il marito aveva diritto a chiedere il rimborso.

In punto spese di giudizio, la Corte precisa che il criterio della soccombenza non si fraziona a seconda dell'esito delle varie fasi del giudizio e che il giudice del merito non è necessariamente tenuto, in caso di soccombenza parziale, a compensare in tutto o in parte le spese del giudizio, bene potendo il giudice individuare la parte maggiormente soccombente, con decisione insindacabile in sede di  legittimità, in assenza di violazione del principio secondo il quale le stesse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa.

La Suprema Corte accoglie per quanto di ragione il terzo motivo del ricorso sulle spese, respinti gli altri, cassando la sentenza impugnata e decidendo nel merito per la compensazione delle spese del giudizio di primo grado tra le parti.

editor: Fossati Cesare