Solo l'effettiva percezione del trattamento di fine rapporto rende esigibile la quota di spettanza dell'ex coniuge. Cass. Civ., Sez. I, Ord. 9 giugno 2025, n. 15402

Venerdì, 13 Giugno 2025
Giurisprudenza | Mantenimento | Divorzio | Legittimità
Cass. civ., Sez. I, Est. Caprioli, Ord., 09/06/2025, n. 15402 per visualizzare l'allegato è necessario autenticarsi

Condizione per l'ottenimento della quota del trattamento di fine rapporto dell'ex coniuge è che il richiedente sia titolare di un assegno divorzile - o abbia presentato domanda di divorzio (seguita dalla relativa pronuncia e dall'attribuzione dell'assegno divorzile) - al momento in cui l'ex coniuge maturi il diritto alla corresponsione di tale trattamento considerato che tale diritto sorge, e può essere azionato, quando cessa il rapporto di lavoro. In altre parole, il diritto alla quota del trattamento di fine rapporto, che matura con l'insorgenza del diritto a tale trattamento da parte dell'altro coniuge, diviene esigibile quando quest'ultimo lo percepisce, pur non essendo necessario che l'importo su cui calcolare la quota di spettanza sia già incassato al momento della proposizione della relativa domanda, ma essendo sufficiente che sia esistente al momento della decisione.

Rif. Leg. Artt. 5, 12-bis Legge 1 dicembre 1970 n. 898 e ss.mm.ii.

Assegno divorzile – Natura composita dell’assegno divorzile – Finalità – Trattamento di fine rapporto – Percezione – Diritto alla quota dell’ex coniuge – Presupposti

Sul ricorso promosso avverso la sentenza della Corte d’Appello, che riconosceva il diritto dell'appellata di incamerare la quota parte del TFR dell’ex marito, la Suprema Corte si riporta all'orientamento delle Sezioni Unite n. 18287/2018 in tema di assegno divorzile, evidenziando come il giudice di merito debba accertare se l'eventuale rilevante disparità della situazione economico-patrimoniale degli ex coniugi all'atto dello scioglimento del vincolo sia dipendente dalle scelte di conduzione della vita familiare adottate e condivise in costanza di matrimonio, con il sacrificio delle aspettative professionali e reddituali di una delle parti in funzione dell'assunzione di un ruolo trainante endofamiliare. In sostanza lo squilibrio, presente al momento del divorzio fra la situazione reddituale e patrimoniale delle parti deve essere l'effetto del sacrificio da parte del coniuge più debole a favore delle esigenze familiari, il che giustifica il riconoscimento di un assegno "perequativo"; in difetto della prova di questo nesso causale, l'assegno può avere solo finalità assistenziale, la quale tuttavia consente il riconoscimento dell'assegno solo se il coniuge più debole non ha i mezzi sufficienti per un'esistenza dignitosa o non può procurarseli per ragioni oggettive.

Anche in ordine al trattamento di fine rapporto, richiamato l’art. 12-bis della Legge n. 898/1970 e la giurisprudenza sul punto, la Suprema Corte rileva come il giudice del merito abbia applicato correttamente le norme e si sia conformato agli indirizzi giurisprudenziali.

Il ricorso viene pertanto rigettato.

editor: Fossati Cesare