Si al lavoro agile per il lavoratore disabile. Tribunale di Mantova, sentenza n. 77 del 5 marzo 2025
La nota dell'avv. Maria Elena Casarano è disponibile a questa pagina
La persona con disabilità ha diritto di poter svolgere le proprie mansioni in smart working per veder tutelata la propria salute e garantito l’accesso al lavoro senza discriminazioni.
Tale diritto si colloca nell’ambito delle c.d. misure di ‘accomodamento ragionevole’ previste dalla legge, nazionale e comunitaria, le quali devono adottarsi alle necessità del caso concreto al fine di garantire l’accesso paritario al mondo del lavoro, rimuovendo i possibili ostacoli ad una piena inclusione lavorativa di lavoratori e lavoratrici affetti da minorazioni fisiche, mentali, intellettuali o sensoriali a lungo termine.
Il rifiuto da parte del datore di lavoro alla richiesta di lavoro agile (o di altra misura di accomodamento ragionevole) si traduce nella violazione di un obbligo di legge e configura una discriminazione indiretta del lavoratore poiché viola un obbligo di legge statuito per rimuovere gli ostacoli che impediscono ad una persona con disabilità di lavorare in condizioni di parità rispetto agli altri lavoratori che non presentano condizioni di handicap o invalidità.
Domanda di lavoro agile – smart working - infortunio sul lavoro - diritto alla salute psico-fisica - invalidità - lavoratore disabile - handicap grave - discriminazioni sul lavoro - discriminazione indiretta - soluzioni ragionevoli per disabili - accomodamento ragionevole - parità di trattamento
Rif. Leg.: art 18 e ss. L. 81/2017; L. 104/1992; Direttiva 2000/78/CE; Convenzione ONU del 13.12.2006; D. Lgs. 9 luglio 2003, n. 216; Legge 3 marzo 2009 n. 18; Legge 22 maggio 2017, n. 81; art. 2087 cod. civ.
Nel caso in esame, la domanda di lavoro agile è stata presentata da un lavoratore la cui invalidità grave era derivata proprio da un infortunio sul lavoro; evento che aveva determinato nell’uomo una forte insofferenza psichica rispetto alla frequentazione dei locali aziendali in cui era avvenuto l’evento traumatico, tale da determinare in lui costanti attacchi d’ansia, panico e depressione.
Il dipendente è riuscito a provare in giudizio il proprio grave stato psico-fisico e la opportunità della adozione dello smart working attraverso la documentazione medica specialistica prodotta.
Di contro, l’azienda si è concentrata sulla descrizione delle mansioni del lavoratore senza fornire alcuna prova riguardo alla impossibilità allo svolgimento delle mansioni da remoto, ad oneri sproporzionati che sarebbero derivati all’azienda dalla adozione della misura o ad un suo possibile pregiudizio nei confronti degli altri dipendenti.
Nello specifico quindi il giudice mantovano, ritenendo che le mansioni del lavoratore potessero essere svolte anche da casa con strumenti informatici adeguati, ha dichiarato il diritto del ricorrente a svolgere la propria attività lavorativa in lavoro agile per almeno tre giorni a settimana con condanna dell’azienda al pagamento delle spese del giudizio.
*Si ringrazia l'avv. Maria Elena Casarano, associata Ondif Bari per la massima e la segnalazione
editor: Fossati Cesare
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