Il raggiungimento della maggiore età non impedisce la messa alla prova dell’imputato minorenne al momento del reato, purché sussistano i presupposti per l’applicazione della misura. Cass. Pen., Sez. II, sent. 6 maggio 2025, n. 16923
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Premesso che in tema di processo minorile, è applicabile la misura della sospensione del processo e della messa alla prova, prevista dall'art. 28 D.P.R. n. 448/1988, anche a coloro i quali, infradiciottenni al momento della commissione del reato, siano diventati nelle more maggiorenni, la concessione del beneficio è subordinata alla duplice condizione dell'idoneità del programma di trattamento e, congiuntamente, della prognosi favorevole in ordine all'astensione dell'imputato dalla commissione di ulteriori reati; entrambi i giudizi sono rimessi alla discrezionalità del giudice guidata dai parametri indicati dall'art. 133 c.p.; ne consegue che l'impossibilità di formulare con esito favorevole la prognosi in ordine alla capacità a delinquere dell'imputato impedisce che quest'ultimo ottenga il beneficio richiesto, indipendentemente dalla presentazione del programma di trattamento.
Rif. Leg. 28 D.P.R. 22 settembre 1988, n. 448; Art. 133 c.p.
Sospensione del processo e messa alla prova – Raggiungimento della maggiore età – Presupposti messa alla prova – Prognosi favorevole
La Corte di Cassazione rigetta il ricorso avverso la sentenza resa dalla Corte d'Appello di Torino, Sezione penale per i minorenni, che aveva dichiarato l’imputato colpevole del reato di rapina pluriaggravata e condannato alle pene di legge.
Nella fattispecie, sono stati rintracciati elementi ostativi alla concessione del beneficio della sospensione del procedimento e della messa alla prova, indipendentemente dal raggiungimento della maggiore età dell’imputato, minorenne al momento del fatto. Da questi, la Corte d'Appello ha tratto logiche conseguenze in punto di prognosi negativa sul futuro comportamento dell'imputato.
Peraltro, la motivazione resa dalla Corte territoriale in relazione al diniego del perdono giudiziale e della sospensione condizionale della pena fa riferimento all'esistenza di due procedimenti pendenti a carico dell'imputato aventi ad oggetto fatti commessi in epoca non risalente e concernenti reati della stessa specie di quello per cui si procede, nonché alla circostanza che l'imputato aveva tenuto un comportamento improntato a correttezza esclusivamente nel contesto carcerario e non anche quando era stato ospite in comunità.
Al riguardo la Corte ricorda che il beneficio del perdono giudiziale non costituisce oggetto di un diritto dell'imputato, ma è rimesso - al pari della sospensione condizionale della pena - al potere discrezionale del giudice, il quale ha l'obbligo di motivare la propria scelta evidenziando, secondo i criteri indicati dall'art. 133 c.p., gli elementi di rilievo per la prognosi circa gli effetti che possono derivare dal beneficio. E nella specie, la Corte territoriale, per escludere la possibilità di una prognosi positiva, ha richiamato, in particolare, i motivi a delinquere e la condotta susseguente al reato, traendo da tale richiamo conseguenze del tutto logiche.
editor: Fossati Cesare
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