Diritto agli alimenti: occorre la prova dello stato di bisogno e dell'impossibilità di provvedere al proprio sostentamento. Corte d'Appello Milano, sent. 1° aprile 2025
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Il diritto agli alimenti è legato alla prova dello stato di bisogno e della impossibilità, da parte dell'alimentando, di provvedere, in tutto o in parte, al proprio sostentamento per la mancanza di mezzi sufficienti al soddisfacimento delle sue necessità primarie. L'articolo 438 c.c. impone al giudice di valutare gli imprescindibili presupposti sia dello stato di bisogno sia della impossibilità di mantenersi. Deve essere rigettata, pertanto, la domanda di alimenti ove l'alimentando non provi la propria invalidità al lavoro per incapacità fisica, e la impossibilità, per circostanze a lui non imputabili, di trovarsi una occupazione confacente alle proprie attitudini e alle proprie condizioni sociali
Rif. Leg. Art. 433, 438, 1299, 1226, 2034, 2043 c.c.
Alimenti – Stato di bisogno – Impossibilità di provvedere al sostentamento – Prova – Azione di regresso
Viene oggi impugnata la sentenza del Tribunale di Lodi con cui sono state dichiarate inammissibili per carenza di legittimazione attiva le domande proposte da parte attrice nei confronti del fratello ex artt. 433 e 438 c.c, nonchè per carenza di legittimazione ad agire ex art. 81 c.p.c. ed è stata respinta ogni altra domanda dell'attore, la domanda riconvenzionale del convenuto, con compensazione integrale delle spese di lite.
La Corte rigetta le istanze istruttorie riproposte da parte appellante, in quanto l'istruttoria esperita in primo grado è ritenuta sufficiente per la definizione delle posizioni delle parti in causa e la richiesta CTU sullo stato di bisogno della madre si presenta irrilevante e meramente esplorativa.
Nel merito, viene condivisa la decisione del Tribunale di Lodi che ha dichiarato la carenza di legittimazione attiva di parte appellante in applicazione dell'art. 81 c.p.c. rispetto alla domanda volta all'accertamento dello stato di bisogno della madre, in connessione anche rispetto alle altre domande.
E’ indiscutibile che l’appellante non sia portatore di alcun titolo che possa legittimarlo a far valere in giudizio la posizione giuridica della madre, non risultando esserne rappresentante legale, né amministratore di sostegno.
Inoltre, per l'esercizio dell'azione di regresso verso il fratello, avrebbe dovuto essere stato documentato lo stato di bisogno della madre, ma nella fattispecie, non è stata fornita alcuna prova, alla cui mancanza peraltro non avrebbe potuto sopperire il Tribunale disponendo la richiesta CTU.
Viene condiviso anche il rigetto della domanda svolta da parte attrice, per diritto proprio, avente ad oggetto il rimborso dei costi asseritamente assunti per le badanti oltre a varie altre spese, avendo il medesimo appellante stipulato personalmente i contratti prodotti e pertanto non potendo invocare una co-obbligazione in capo al fratello; per di più la documentazione prodotta in giudizio non contiene espliciti riferimenti al beneficiario delle prestazioni pagate, che, qualora fosse la madre, sarebbe l'unica ad essere tenuta al rimborso.
editor: Fossati Cesare
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