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Status di rifugiato per lo straniero non musulmano ma ateo - Cass. Civ., Sez. I, ord. 26 febbraio 2025 n. 5087

Venerdì, 28 Febbraio 2025
Giurisprudenza | Legittimità | Diritti della persona | Stranieri
Cass. Civ., Sez. I, ordinanza 26 febbraio 2025 n. 5087 - Pres. Giusti, Cons. Rel. Iofrida per visualizzare l'allegato è necessario autenticarsi

Non si può esigere da un richiedente protezione internazionale il quale adduca l'esistenza di un rischio di persecuzione per motivi attinenti alla religione che, per comprovare le sue convinzioni religiose, egli fornisca dichiarazioni o produca documenti su ciascuna componente contemplata dall'articolo 10, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2011/95. È opportuno, tuttavia, che il richiedente comprovi debitamente le proprie affermazioni relative alla propria presunta conversione religiosa, atteso che le sole dichiarazioni relative alle convinzioni religiose o all'appartenenza a una comunità religiosa costituiscono solo il punto di partenza del processo di esame dei fatti e delle circostanze previsto all'articolo 4 della direttiva 2011/95.
La nozione di "religione" include, da un lato, il fatto di avere convinzioni teiste, non teiste o ateiste, il che, tenuto conto della genericità dei termini utilizzati, evidenzia che essa riguarda sia le religioni "tradizionali" sia altre convinzioni, e, dall'altro, la partecipazione, sia singolarmente sia in comunità, a riti di culto, ovvero l'astensione da essi, il che implica che la non appartenenza a una comunità religiosa non può, di per sé, essere determinante nella valutazione della nozione di cui trattasi.
Non si può esigere da un richiedente protezione internazionale il quale adduca l'esistenza di un rischio di persecuzione per motivi attinenti alla religione che, per comprovare le sue convinzioni religiose, fornisca dichiarazioni o produca documenti su ciascuna componente contemplata dall'articolo 10, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2011/95.
Invero, gli atti che rischiano, in caso di ritorno del richiedente nel suo paese d'origine, di essere commessi da parte delle autorità di detto paese nei confronti del richiedente in questione per motivi attinenti alla religione devono essere valutati in base alla loro gravità. Essi possono quindi, in considerazione della loro gravità, essere qualificati come "persecuzione" senza che sia necessario che incidano su ciascuna componente della nozione di religione.
È opportuno, tuttavia, che il richiedente comprovi debitamente le proprie affermazioni relative alla propria religione, atteso che le sole dichiarazioni relative alle convinzioni religiose o all'appartenenza a una comunità religiosa costituiscono solo il punto di partenza del processo di esame dei fatti e delle circostanze previsto all'articolo 4 della direttiva 2011/95.


Stranieri – Diritti della persona - Nozione di "religione" - Straniero ateo richiedente protezione internazionale – Discriminazione – Atti di persecuzione - Rif. Leg. Considerando 16 e art. 10 paragrafo 1, lettera b) della direttiva del Parlamento Europeo, 13 dicembre 2011, n. 2011/95/UE; artt. 10 e 19 della Cost.

editor: Cianciolo Valeria