Anche alle figlie non conviventi spetta il risarcimento del danno morale - Cass. Civ., Sez. III, ord. 16 febbraio 2025, n. 3904
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L'uccisione di una persona fa presumere da sola, ex art. 2727 c.c., una conseguente sofferenza morale in capo ai genitori, al coniuge, ai figli o ai fratelli della vittima, a nulla rilevando né che la vittima ed il superstite non convivessero, né che fossero distanti (circostanze, queste ultime, le quali potranno essere valutate ai fini del "quantum debeatur"): in tal caso, grava sul convenuto l'onere di provare che vittima e superstite fossero tra loro indifferenti o in odio, e di conseguenza la morte della prima non abbia causato pregiudizi non patrimoniali di sorta al secondo.
Il ricorso presentato dalla moglie e dalle figlie del de cuius al fine di ottenere il risarcimento del danno iure proprio patito per la morte del coniuge e del padre, è stato accolto dalla Cassazione che lo ha ritenuto manifestamente fondato, essendo state correttamente smontate le singolari ragioni che il giudice d’appello aveva posto alla base del diniego risarcitorio, del tutto difformi dalla giurisprudenza consolidata.
Risarcimento del danno – Danno morale - Sofferenza morale in capo ai genitori, al coniuge, ai figli od ai fratelli della vittima – Perdita del rapporto parentale con il coniuge - Convivenza – Rif. Leg. artt. 1223, 2059 e 2727 cod. civ.; artt. 29, 30, 31 Cost.
editor: Cianciolo Valeria
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