Non necessaria la preventiva autorizzazione del Tribunale al trattamento chirurgico ai fini della rettificazione di attribuzione di sesso. Tribunale di Trento, Sent. 4 dicembre 2024
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Per ottenere la rettificazione degli atti di stato civile in conformità alla vera identità sessuale dell’interessato non occorre necessariamente che sia attuato un preventivo intervento medico – chirurgico e/o psicologico che modifichi i caratteri sessuali primari, essendo sufficiente dimostrare, attraverso i trattamenti medico-chirurgici e psicologici subiti, la necessità e la radicalità della scelta intrapresa e proseguita dall’interessato. Tanto premesso, conformemente ai principi espressi dalla Corte Costituzionale, l’autorizzazione della autorità giudiziaria trova giustificazione quando sia preventiva ovvero funzionale alla stessa sentenza di rettificazione, potendo il trattamento sanitario costituire, a scelta dell’interessato, una delle possibili tecniche ai fini dell’adeguamento dei caratteri sessuali. Diversamente, siffatta autorizzazione perde ogni ragione d’essere al cospetto di un percorso già sufficientemente avanzato; in tale circostanza l’autorità giudiziaria non dovrà più autorizzare l’intervento di adeguamento dei caratteri sessuali, in quanto non propedeutico alla pronuncia di rettificazione, mentre l’istante, qualora intenda sottoporsi ad un trattamento, potrà farlo autonomamente in virtù del principio di autodeterminazione, senza preventiva autorizzazione, in tal caso non più necessaria, ma anzi in contrasto con la ratio stessa dell’art. 31, comma, 4 D.Lgs. 1 settembre 2011 n. 150.
Rif. Leg. Art. 31 D.Lgs. 1 settembre 2011 n. 150; Art. 16 Legge 31 maggio 1995, n. 218
Disforia di identità di genere – Adeguamento dei caratteri sessuali – Trattamento – Intervento chirurgico – Legge applicabile – Ordine pubblico - Autodeterminazione
Investito della domanda di rettificazione di attribuzione di sesso, da femminile a maschile, nei registri dello stato civile promossa da un cittadino brasiliano affetto da un’accertata e conclamata “disforia di identità di genere”, il Tribunale di Trento dichiara in primo luogo applicabile la normativa italiana in base al disposto dell’art. 16 Legge 218/1995, che sancisce la non applicazione della legge straniera qualora i suoi effetti siano contrari all’ordine pubblico. Viene quindi ripercorsa la disciplina vigente, con particolare attenzione agli interventi della Corte Costituzionale (sentenze n. 221/2015 e n. 180/2017) con particolare riguardo all’ultima pronuncia n. 143/2024 che ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 31, comma 4, D.Lgs. 1 settembre 2011 n. 150, “nella parte in cui prescrive l’autorizzazione del tribunale al trattamento medico-chirurgico anche qualora le modificazioni dei caratteri sessuali già intervenute siano ritenute dallo stesso tribunale sufficienti per l’accoglimento della domanda di rettificazione di attribuzione di sesso.”
Nel merito, ritiene il Collegio che, alla luce del percorso psicologico seguito dal ricorrente, del livello di consapevolezza sempre avuto sulla sua identità di genere, del genere maschile riconosciuto anche a livello sociale, nonché del trattamento ormonale subito, possa dirsi intervenuta la oggettiva transizione della identità di genere, con conseguente rettifica degli atti dello Stato Civile.
Non luogo a provvedere, in virtù di quanto sopra, alla chiesta autorizzazione ad effettuare gli interventi medico-chirurgici in senso gino- androide, tanto demolitivi, quanto ricostruttivi, reputati necessari.
editor: Fossati Cesare
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