Adozione di maggiorenni: va accolta la volontà dell’adottante, anche sottoposto ad ads, se consapevole e conveniente. Corte d’Appello di Milano, 22 novembre 2024
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In tema di adozione di persone maggiori di età, in virtù dell'indirizzo interpretativo, ormai consolidatosi, volto a privilegiare la "valenza solidaristica" della relativa disciplina, è legittimo e conforme ad un'interpretazione costituzionalmente orientata degli artt. 296 e 311 c.c., consentire al soggetto maggiorenne, sottoposto ad amministrazione di sostengo, di manifestare il proprio consenso all'adozione anche per il tramite del suo rappresentante legale, trattandosi di atto personalissimo che non gli è espressamente vietato e tenuto conto di quanto complessivamente sancito dagli artt. 1 e 12 della Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con disabilità adottata il 13 dicembre 2006, ratificata dall’Italia con Legge 3 marzo 2009 n. 18, sempre che l’adozione, effettuati gli opportuni accertamenti, sia conveniente all’adottando e risponda alla finalità dell’istituto.
Cfr. Cass. civile sez. I - 03/02/2022, n. 3462.
Rif. Leg. Art. 291 e ss., 312, 313 c.c.
Adozione di maggiorenne – Questioni pregiudiziali – Consenso dell’adottante – Stato di disabilità – Amministrazione di sostegno – Convenienza dell’adottando – Finalità solidaristica
Nel contesto di un procedimento di adozione di maggiorenne, in riassunzione ex art. 392 c.p.c., la Corte d’Appello di Milano preliminarmente ritiene insussistente alcun rapporto di pregiudizialità tecnica tra il procedimento in oggetto e quello divorzile in corso tra l’adottante e l’opponente, o al procedimento penale apertosi a seguito della denuncia per circonvenzione di incapaci sporta nei confronti dell’adottanda.
A seguito di un ampio excursus storico, si ricorda che la fisionomia dell’istituto è mutata nel tempo: oggi, l'adozione di maggiorenni ha perso la sua originaria connotazione diretta ad assicurare all'adottante la continuità della sua casata e del suo patrimonio, per assumere la funzione di riconoscimento giuridico di una relazione sociale, affettiva ed identitaria, con la finalità di strumento volto a consentire la formazione di famiglie tra soggetti che, seppur maggiorenni, sono tra loro legati da saldi vincoli personali, morali e civili.
Avendo relegato il consenso espresso dall’adottante (e dall’adottato) a mero presupposto dell’adozione, di cui la decisione giudiziaria è l’unico fondamentale atto costitutivo, la Corte di Cassazione ha osservato, con principio che viene condiviso, che l’incapacità della persona non può, in ogni caso, rappresentare un motivo ostativo alla possibilità, per l’incapace stesso, di accedere ai quei benefici solidaristici che l’istituto dell’adozione di persona maggiorenne assicura.
E d’altro canto, in conformità alla finalità dell’istituto, il beneficiario dell’amministrazione di sostegno resta legittimato e capace di porre in essere tutti gli atti, soprattutto quelli di natura “personalissima”, in relazione ai quali il provvedimento applicativo della misura non contenga espresse e tassative limitazioni.
Risultando solo meri sospetti gli elementi dedotti dall’opponente riguardo alla circonvenibilità dell’adottante, si ritiene conclusivamente, e a seguito di una valutazione condotta ai sensi dell’art. 312 c.c., che il consenso all’adozione espresso dall’aspirante adottante, sia pienamente idoneo a costituire presupposto per il provvedimento di adozione, soprattutto in considerazione della consuetudine di affetti e di vicinanza tra le parti.
La decisione di adozione, nei confronti di adottanda e adottante, rispetta dunque quell’esigenza di riconoscimento giuridico delle abitudini e delle relazioni affettive tra adulti che la Corte Costituzionale ha consacrato con la decisione n. 5 del 18 gennaio 2024, nella quale, nel ribadire la mutata ratio dell’istituto, individuata nel diritto all’esplicazione degli aspetti più intimi ed affettivi della personalità dell’individuo, ha ritenuto derogabili i limiti di età posti dall’art. 291 c.c., purché ciò sia rispondente ad interessi meritevoli di tutela.
In conclusione, in riforma della sentenza di primo grado impugnata, la domanda svolta dall’adottante deve essere accolta, avendo questi ribadito la propria volontà di adottare la nipote in modo lucido e consapevole, ed essendo stati raccolti il consenso dell’adottanda, nonché l’assenso del coniuge e del genitore superstite di quest’ultima. Sussistono altresì tutti i requisiti di legge per far luogo alla pronuncia.
E ciò a prescindere dalla mancanza di assenso della coniuge dell’adottante, che al di là delle vicende separative, non è convivente da tempo con l’adottante, né ha giustificato in modo rigoroso e comunque rilevante i motivi dell’espresso dissenso.
editor: Fossati Cesare
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