Anche l’attività dell’istruttore del maneggio costituisce affidamento penalmente rilevante. Cass., sez. III pen. sent. 30 ottobre 2024, n. 39973
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Ai fini della configurabilità del delitto di violenza sessuale, la condizione di affidamento per ragioni di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia, prevista nell'ambito dei reati sessuali relativi a minorenni, attiene a qualunque rapporto fiduciario, anche temporaneo o occasionale, che si instaura tra affidante e affidatario mediante una relazione biunivoca e che comprende sia l'ipotesi in cui sia il minore a fidarsi dell'adulto, sia quella in cui il minore sia affidato all'adulto da un altro adulto per specifiche ragioni.
Rif. Leg. Art. 609-quater c.p.
Atti sessuali con un minorenne – Affidamento per ragioni di istruzione – Prova
La Suprema Corte respinge così il ricorso promosso dall’imputato del reato continuato di cui all'art. 609-quater c.p. in relazione alle vicende originate dalla frequentazione della persona offesa, allora minorenne, iniziata in conseguenza dell'attività da lui svolta presso il maneggio di proprietà della mamma della ragazza. La frequentazione era stata ricondotta alle lezioni di "tecniche di lavoro in libertà con cavalli" impartite dall'imputato alla persona offesa, a lui per questa ragione affidata dai genitori.
Richiamata la propria giurisprudenza sul tema, la Corte ritiene di apprezzare le valutazioni espresse dai giudici di merito, in termini assolutamente concordi, quanto alla sussistenza di un affidamento penalmente rilevante della ragazza all’imputato, sulla scorta delle dichiarazioni della stessa persona offesa oltre che dei genitori, nonché sulle deposizioni di alcuni testimoni.
I giudici di merito sono stati altresì concordi nel disattendere le richieste di ulteriori approfondimenti, essendo tali integrazioni istruttorie state ritenute inidonee a vulnerare le risultanze comprovanti la sussistenza di una relazione di affidamento rilevante ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 609-quater c.p.
In tale prospettiva, tra l'altro, viene ricordato il consolidato insegnamento della Suprema Corte secondo il quale la denunzia di minime incongruenze argomentative o l'omessa esposizione di elementi di valutazione, che il ricorrente ritenga tali da determinare una diversa decisione, ma che non siano munite di un chiaro carattere di decisività, non può dar luogo all'annullamento della sentenza (Cfr. Sez. 2, n. 9242 del 08/02/2013, Reggio, Rv. 254988).
Neppure le ulteriori censure, volte a prospettare una diversa e meno grave qualificazione giuridica dei fatti, vengono condivise.
editor: Fossati Cesare
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