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Omicidio del coniuge: la differenza tra pura gelosia e abnormità dello stimolo possessivo verso la vittima - Cass. Pen., Sez. I, Sent., 25 ottobre 2024, n. 39245

Cass. Pen., Sez. I, Sent., 25 ottobre 2024, n. 39245; Pres. Rocchi, Rel. Cons. Aliffi per visualizzare l'allegato è necessario autenticarsi

Deve ravvisarsi la sussistenza dell'aggravante dei motivi abietti nel caso in cui un omicidio sia compiuto non per ragioni di gelosia collegate ad un sia pur abnorme desiderio di vita in comune, ma sia espressione di spirito punitivo nei confronti della vittima considerata come propria appartenenza, della quale pertanto non può tollerarsi l'insubordinazione. Dunque, deve escludersi che la "pura gelosia" possa ritenersi, da sola, espressione di spirito punitivo nei confronti della vittima né manifestazione di intolleranza alla insubordinazione di questa, considerata come propria appartenenza. Viceversa, essa deve essere ritenuta configurabile quando la vittima sia considerata, nell'ambito di un processo di sostanziale reificazione, come una sorta di appartenenza dell'agente, tanto da determinare una reazione punitiva a quella che è ritenuta come una forma di insubordinazione al volere dell'altro venendo, in definitiva, connotata da una "abnormità dello stimolo possessivo verso la vittima".


Diritto penale della famiglia – Omicidio del coniuge - Circostanze del reato - Aggravanti comuni – Determinazione della pena; Rif. Leg. Art. 577 n. 1 e n. 4, e art. 61 n. 1, c.p.

editor: Ferrandi Francesca