inserisci una o più parole da cercare nel sito
ricerca avanzata - azzera

La discontinuità della coabitazione non esclude il reato di maltrattamenti in famiglia. Cass., sez. pen., sent. 21 ottobre 2024, n. 38603

Cass., sez. pen. Est. Travaglino, sent. 21.10.24 n.38603 per visualizzare l'allegato è necessario autenticarsi

Ai fini della configurazione del reato di maltrattamenti, il concetto di “convivenza” allude ad una condivisione di vita intesa sia nella componente materiale (comune gestione e organizzazione del tempo, dello spazio abitativo, delle amicizie, degli affetti o delle attività di ciascuno dei conviventi), sia nella componente affettiva. La condotta costitutiva del reato appare indirizzata non contro una persona con cui si vive, ma contro chi ha una consuetudine di vita in comune con l'agente, che genera la sottoposizione alla sua volontà, così rendendosi più difficile per la persona offesa interromperla e, al contrario, più facile all'autore mantenere il proprio potere autoritativo. In siffatto legame strutturato su una volontà di "dominio" dell'agente è dirimente soprattutto il condizionamento psicologico e manipolatorio, fondato su ricatti affettivi o economici, essendo proprio il rapporto di intimità, di fiducia e di affidamento, al di là del legame formale, ad esporre alle vessazioni maltrattanti.

 

Rif. Leg. Art. 572 c.p.

Condotta maltrattante - Stato di soggezione della vittima – Convivenza / Coabitazione – Aggravante

 

Arginate le questioni meramente processuali relative all’attendibilità della persona offesa, la Corte di Cassazione argomenta sulla nozione di “convivenza” posta a fondamento del quinto motivo di impugnazione, nel quale il ricorrente si duole della violazione di legge in relazione all'art. 572 c.p., essendo stata ritenuta irrilevante ai fini della qualificazione giuridica del fatto come maltrattamenti la circostanza della discontinuità della convivenza della coppia.

Invero, la Corte d’Appello, conformemente all'orientamento consolidatosi nella giurisprudenza di legittimità, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 98 del 2021, ha ritenuto sussistente il delitto di maltrattamenti valorizzando la prospettiva di “stabilità e reciproca solidarietà” posta a fondamento della relazione di coppia, evincibile dalla condivisione della casa comune e dal concepimento di due figli nel periodo in contestazione.

Gli allontanamenti periodici del ricorrente, sottoufficiale dell'Esercito di stanza fuori regione, erano dovuti esclusivamente a motivi di lavoro e le condotte contestate risultano consumate, nella gran parte, proprio nella imposizione alla compagna di non uscire, di vivere in isolamento, di rispondere immediatamente al telefono, pena offese con epiteti umilianti e denigratori.

La Suprema Corte ripercorrendo quindi l'evoluzione della nozione del termine "convivente" contenuto nell'art. 572 c.p., alla luce della giurisprudenza costituzionale e di legittimità, nonchè della normativa nazionale e sovranazionale, chiarisce che ai fini della configurazione del delitto in oggetto il presupposto oggettivo della convivenza non va confuso con il concetto di coabitazione, potendo quest’ultima costituire utile indice per individuare una convivenza affettiva stabile, ma potendo la coabitazione o la convivenza meramente anagrafica esistere in assenza di convivenza affettiva duratura.

Confermata l'aggravante contestata di cui all'art. 572, secondo comma, c.p. per essere stato il fatto commesso in presenza (o in danno) di persona con disabilità, nonché nei confronti della persona offesa una volta appreso il suo stato di gravidanza.

Il ricorso viene pertanto dichiarato inammissibile.

editor: Fossati Cesare