Irragionevole la compromissione dei termini a difesa: questione di costituzionalità. Tribunale di Genova, Sez. IV Civ., Ord. 4 settembre 2024
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Considerato che il termine di soli dieci giorni – che possono diventare meno, tenuto conto del tempo intercorrente fra la data del deposito e quella della effettiva possibilità di conoscenza della controparte a seguito del caricamento al portale del processo telematico – entro cui l’attore deve prendere posizione sulle difese del convenuto, precisare e modificare le proprie conclusioni, proporre domande ed eccezioni che siano conseguenza della domanda riconvenzionale e formulare le istanze di prova, non consente un effettivo esercizio del diritto di difesa e quindi dei sottostanti diritti soggettivi che si intendono fare valere, appare rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 473-bis.17 c.p.c. per contrasto con gli articoli 3, 24 e 111 della Costituzione.
Rif. Leg.: Artt. 36, 39, 473-bis.17, 473-bis.49, 473-bis.51 c.p.c.
Modifica delle condizioni di separazione – Domanda riconvenzionale di divorzio – Termini a difesa - Legittimità costituzionale
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Il Tribunale di Genova affronta in via del tutto preliminare la questione relativa all’ammissibilità della domanda riconvenzionale di divorzio nell’ambito del giudizio di modifica delle condizioni di separazione.
Ritenuto che fra la domanda di modifica delle condizioni di separazione e quella di divorzio sussista all’evidenza una connessione oggettiva se non addirittura una litispendenza parziale, configurandosi un caso di vera e propria continenza fra le cause ai sensi dell’art. 39 c.p.c., tale in ogni caso da consentire la proposizione in via riconvenzionale della domanda di divorzio nel procedimento di modifica o di conferma delle condizioni di separazione;
Considerato lo spirito della novella legislativa introdotta dal D.Lgs. n. 149/2022 la quale, come espresso dalla Suprema Corte nella sentenza n. 28727/2023, prevede che tutte le questioni insorte dalla crisi familiare vengano affrontante in un simultaneus processus con notevole risparmio delle energie processuali;
il Collegio ritiene di poter affermare l’ammissibilità della domanda di divorzio anche nelle procedure di modifica delle condizioni di separazione, purché formulata nei termini perentori di decadenza.
Tale domanda, tuttavia, si scontra con regole processuali che ne potrebbero compromettere una piena cognizione.
Il termine di dieci giorni previsto dall’art. 473.bis-17 c.p.c. in favore dell’attore per modificare e precisare le domande e formulare domande nuove e quindi anche i relativi mezzi di prova, è reputato assolutamente incongruo, soprattutto se rapportato a situazioni come quella in esame, in cui, in via riconvenzionale si pongono questioni che richiedono a parte attrice di riorganizzare completamente la propria impostazione difensiva.
All’irragionevole compromissione del diritto di difesa per l’attore non si può supplire con un’interpretazione costituzionalmente orientata della norma, data la perentorietà dei termini stabiliti dal codice di rito a pena di decadenza, né può farsi luogo del potere previsto dall’art. 153, secondo comma, c.c. di rimessione della parte in termini, che introdurrebbe necessariamente un meccanismo di slittamento automatico della prima udienza con conseguente concessione ex novo di tutti i termini ex art. 473-bis.17 c.p.c. non previsto dal legislatore.
Si ritiene pertanto di dover rimettere alla prudente valutazione della Corte Costituzionale la questione relativa alla compatibilità della disciplina codicistica di cui all’art. 473.bis-17 c.p.c. con i canoni costituzionali di cui agli artt. 3, 24 e 111 della Carta dei diritti fondamentali.
editor: Fossati Cesare
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