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In nome di Ipazia. Riflessioni sul destino femminile di Dacia Maraini, Ed. Solferino, 2023 - di Valeria Cianciolo

Mercoledì, 23 August 2023
Recensioni - segnalazioni

 
Il recentissimo libro di Dacia Maraini è una raccolta di scritti e articoli, pubblicati su varie testate nazionali come il Corriere della Sera, sul tema femminile -  tema questo caro alla scrittrice che fin dai primi anni ‘70 ha profuso un grande impegno nelle prime battaglie in difesa dei diritti delle donne – come la lettera aperta del 1975 in difesa dell’aborto, indirizzata all’amico Pier Paolo Pasolini, contrario alla legalizzazione.
Dacia si definirà spesso come una donna dalla parte delle donne e non una donna femminista.
Lei stessa afferma di aver conosciuto il femminismo nel 1964, durante un viaggio negli Stati Uniti: “Stavo facendo un'inchiesta sulle "Black Panthers" per "Paese Sera” e ho conosciuto Kathleen Cleaver. L'ho intervistata. Era una donna durissima e mi ha detto alcune cose sui diritti delle donne che mi hanno molto colpito. Poi, al mio ritorno in Italia, ho cominciato a frequentare un gruppo femminista, poi un altro...Ho sempre cercato, tuttavia, di evitare la trappola dell'ideologia pura, dell'ideologia che chiude e limita la realtà.”
Il libro si intitola In nome di Ipazia. Se Dacia Maraini le dedica la sua raccolta di brani ed interventi, un motivo c’è. Figura politica di spicco della comunità alessandrina del V sec. d. C. (a molti sconosciuta fino a qualche anno fa e riscoperta grazie al bellissimo film “Agorà” del 2009 dello spagnolo Alejandro Amenábar), apprezzata da molte personalità del tempo, che da ogni parte accorrevano ad Alessandria per ascoltare le sue lezioni, Ipazia è l’icona della donna moderna che difende l'idea di un sapere libero e sottoposto solo al vaglio della ragione, nel solco del pensiero di Platone e che non si piegò al fanatismo religioso dei parabolani, monaci fanatici (i talebani del V sec. d. C.) influenzati dal vescovo Cirillo, che in lei vedevano una pericolosa rivoluzionaria e che non avendo altro di meglio da fare, avevano distrutto i templi pagani.
Come non considerare tale una donna che affermava: "Governare incatenando la mente alla paura o alla paura della punizione in un altro mondo è fondamentale quanto usare la forza."
Come non considerare tale una donna che affermava: "La verità non cambia perché è o non è creduta dalla maggior parte delle persone."
La straordinarietà di questa donna del V secolo d.C è testimoniata anche dalla tragicità della sua morte avvenuta per mano proprio di quel fanatismo religioso (ben prima di prima di Giordano Bruno e di Galileo) che imperversava in quel tempo (ed anche ora…i corsi e ricorsi vichiani ci insegnano qualcosa): venne denudata e scorticata con gusci di conchiglie. Ipazia guardava le stelle e le studiava. Era un’astronoma e l'astronomia è ciò che consente all'uomo di contemplare anche la ragione divina che muove gli astri.
Ma perché uccidere Ipazia che non era una diretta avversaria politica di Cirillo, e non apparteneva ad alcuna delle categorie di concorrenti confessionali del suo proselitismo armato?
Per quello che rappresenta. Allora come oggi. Ipazia non si era limitata, delitto già di per sé intollerabile, a studiare in casa, luogo eletto delle donne, ma aveva occupato la piazza, le strade, ossia, i luoghi riservati da sempre agli uomini. Una donna che insegna per le strade Socrate e Platone? Per le strade le donne si prostituiscono al calar della sera.
Insomma. Un’usurpazione di status e di luoghi intollerabile. E quindi, un gesto considerato politico. Dice Socrate Scolastico: «Per la magnifica libertà di parola e di azione che le veniva dalla sua cultura, accedeva in modo assennato anche al cospetto dei capi della città e non era motivo di vergogna per lei lo stare in mezzo agli uomini: infatti, a causa della sua straordinaria saggezza, tutti la rispettavano profondamente e provavano verso di lei un timore reverenziale».
Quando le donne minacciano il potere (e lo fanno sempre con la forza del sapere e dell’intelligenza, facciamoci caso), vengono uccise. Ci si accanisce sul loro corpo per distruggerle.  Se ti uccido, tu non esisti più. Ed io torno ad essere il più forte.
«Oggi» scrive Dacia Maraini «a quasi duemila anni di distanza ci sono ancora donne che soffrono come lei per la semplice ragione che hanno pensato con la propria testa, che hanno voluto studiare, indagare e opporsi al totalitarismo
Dacia Maraini ha sempre parlato di diversità culturale di natura non biologica tra uomo e donna, e lo ha fatto serenamente senza fanatismi. Probabilmente questo distacco le viene dal fatto di essere figlia di un grande antropologo come Fosco Maraini che durante il fascismo insegnava alle figlie che non esistono razze, ma culture.
Lo diceva anche Ipazia: "Indipendentemente dal nostro colore, razza e religione, siamo fratelli."
Pur immersa nella cultura ellenica del tempo, quanto cristianesimo c’è in queste parole?

editor: Cianciolo Valeria