Violazione della difesa se il giudice fissa termini perentori non previsti. Cass. Sez. I, Ord. 22 giugno 2023 n. 18006
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La regola per cui i termini per il compimento degli atti e del processo sono stabiliti dalla legge e possono esser stabiliti dal giudice, anche a pena di decadenza, soltanto se la legge lo permette espressamente, deve essere intesa nel senso che nella legge deve trovarsi la fonte del potere di stabilire i termini nel processo. Il precetto più rilevante è costituito dal divieto per il giudice di conferire perentorietà ai termini, qualora ciò non fosse espressamente consentito dalla legge. La violazione di tale divieto comporta l'automatica qualificazione ordinatoria del termine.
Nel giudizio di cessazione degli effetti civili del matrimonio, alla natura contenziosa del procedimento, sin dall'origine, non si accompagna la configurabilità dell'udienza presidenziale di comparizione dei coniugi in termini corrispondenti a quelli dell'udienza prevista dall'art. 180 c.p.c., sicché a tutti i fini che concernono i termini di costituzione del coniuge convenuto e della decadenza dello stesso dalla formulazione delle domande riconvenzionali, è rilevante esclusivamente l'udienza innanzi al giudice istruttore nominato all'esito della fase presidenziale.
Divorzio – domanda riconvenzionale – termini a difesa – giudizio precartabia
Rif. Leg.: art. 152 cpc – art. 4 comma 10 L. n. 898 del 1970, rt. 166 e 167 c.p.c.
editor: Fossati Cesare
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