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Le somme accantonate dal datore di lavoro per la previdenza complementare - quale che sia il soggetto tenuto alla erogazione dei trattamenti integrativi e quindi destinatario degli accantonamenti - non si computano né nella indennità di anzianità né nel trattamento di fine rapporto, di talché la loro destinazione fa perdere loro natura retributiva e impedisce al coniuge destinatario di assegno di divorzio di vedere riconosciuto il diritto alla quota parte, in quanto non rientranti nel TFR.

Divorzio – indennità di fine rapporto – diritto alla percentuale

Rif. Leg.: art. 12 bis l. 898 del 1.12.1970
§§

Il provvedimento riguarda la controversa questione della possibilità di riconoscere ex art. 12 bis l. 898 del 1.12.1970 all’ex coniuge divorziato una quota del TFR che sia stato fatto confluire in un fondo pensione o di previdenza complementare.

Il quesito alla base degli esposti orientamenti è se la natura del TFR permanga o meno in caso di destinazione dello stesso ad un fondo previdenziale-complementare.

Il Tribunale, dopo aver confrontato gli opposti orientamenti formatisi nella fattispecie de qua, ha ritenuto preferibile, sulla scorta delle motivazioni esplicitate, l’esegesi che ritiene prevalente la destinazione: la funzione della somma confluita nel fondo previdenziale o complementare è di tipo pensionistico e non retributivo. 

Il Collegio è pervenuto alla decisione adottata ragionando anche sulla teoria della “causa in concreto” ed evidenziando che, nel caso di specie, la scelta del resistente di aderire al fondo pensione non appare essere stata finalizzata a perseguire l’intento elusivo e fraudolento di sottrarre quote di T.F.R. all’eventuale successiva pretesa della ricorrente.

editor: Fossati Cesare