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Il minore è parte del processo nei giudizi che lo riguardano. Cass. I Sez., Ord. 12 luglio 2022 n. 22006

I procedimenti del potestate si qualificano oggi come processi che dirimono conflitti fra posizioni soggettive diverse.

La decadenza può essere pronunciata allorché la condotta del genitore sia oggettivamente lesiva e in violazione dei doveri su di esso gravanti e se al minore sia derivato un pregiudizio grave. Ove non sussista il requisito della gravità potranno essere adottati altri provvedimenti, non la decadenza (CF) 

Decadenza responsabilità genitoriale

Rif. Leg.: 330 c.c.

la pronuncia di I grado a questa pagina
la ponuncia di II grado a questa pagina

Giovedì, 13 Ottobre 2022
Giurisprudenza | Responsabilità genitoriale | Responsabilità genitoriale | Legittimità Sezione Ondif di Bari
Cass., sez. I, Est. D'Orazio, Ord. 12.07.22 n.22006 per visualizzare l'allegato è necessario autenticarsi
Cass. 12.07.22 n.22006 e la nota per visualizzare l'allegato è necessario autenticarsi

FUNZIONE PREVENTIVA DELLA DECLARATORIA DECADENZIALE

 

La Corte di Cassazione, Sez. I Civile, con ordinanza n. 22006 del 12 luglio 2022 ha confermato la sentenza n. 910 del 7 agosto 2020
con la quale la Corte d’Appello di Bari ha rigettato il reclamo avverso la declaratoria decadenziale pronunciata dal Tribunale per i Minorenni, il 30 giugno 2019, nei confronti di una madre ritenuta inadeguata a svolgere il suo ruolo.

La Corte di Cassazione con la pronuncia in parola ha affermato che la pronuncia decadenziale svolge una funzione preventiva, impedisce al genitore resosi gravemente inadempiente ai doveri genitoriali di evitare che il reiterarsi della sua condotta possa prevedibilmente arrecare pregiudizio al figlio.

Il presupposto della pronuncia di decadenza, dunque, deve riportarsi all’ipotesi in cui l’inadempimento del genitore ai doveri nei confronti del figlio minore sia talmente grave da determinare la ragionevole previsione del verificarsi di un pregiudizio ai danni del figlio in caso di reiterazione di tali violazioni.

Non occorre, dunque, che si sia già verificato un danno attuale, potendo bastare che la situazione venutasi a creare sia tale da far apparire elevato e verosimile il rischio di un pregiudizio futuro.

E’necessario e sufficiente, affinché possa essere pronunciata la decadenza, che la condotta tenuta dal genitore risulti oggettivamente lesiva ed in violazione dei doveri su di esso gravanti, a prescindere da qualsiasi valutazione di colpevolezza.

La Corte d’Appello, nel confermare la declaratoria decadenziale ha evidenziato, numerosi fattori che facevano presumere il grave pregiudizio per il figlio derivante dalle condotte poste in essere dalla madre, già dichiarata decaduta dalla responsabilità genitoriale in relazione agli altri 2 suoi figli nati da una precedente unione e affidati al padre, rispetto alle quali non sono valse le giustificazioni addotte in sede di reclamo, dando prova di estrema fragilità emotiva, di immaturità e di scarsa consapevolezza del ruolo genitoriale.

Tra le tante condotte segnalate ha evidenziato le seguenti:

mancanza di un’attività lavorativa e di un’abitazione;

rifiuto di seguire il percorso presso il Centro di Salute Mentale, prescrittole dal Tribunale per i Minorenni a seguito di diagnosi di “disabilità intellettiva grave e disturbo di controllo degli impulsi non specificato; “il percorso”, precisa la Corte, “costituiva una condizione indefettibile perché ella potesse riprendere il contatto con il figlio”;

comportamenti pregiudizievoli per l’incolumità e la tranquillità del minore, manifestati in fase di esecuzione del provvedimento del Tribunale per i Minorenni di collocamento in comunità dell’11 luglio 2019, confermando i problemi di natura psichica; in quella occasione, specifica, essendo messa a serio rischio l’incolumità del bambino, si era reso necessario l’intervento degli agenti di polizia locale, tanto che le erano stati somministrati dei tranquillanti ad opera dei sanitari;

comportamenti contraddittori nei confronti del padre biologico, dapprima, riferendo maltrattamenti e violenze subite anche durante la gravidanza e, successivamente, palesando prospettive di matrimonio.

L’insieme di questi fattori, ha ritenuto la Corte, fa presagire ad una eventuale reiterazione della grave condotta trasgressiva ai doveri genitoriali e, pertanto, a scopo preventivo, non già repressivo, confermando la declaratoria decadenziale, si evita un probabile pregiudizio al minore.

Si aggiunga che, la Suprema Corte con la decisione in oggetto, ha evidenziato la diversità degli effetti della decadenza della responsabilità genitoriale da quelli scaturenti dalla dichiarazione dello stato di adozione affermati dalla dottrina:

la decadenza implica “sospensione” della responsabilità genitoriale e concerne solo l’esercizio della stessa; il genitore che ne e’ colpito non può esercitarla anche se ne rimane “titolare”. Al contrario, la dichiarazione di adozione colpisce alla radice la stessa titolarità del potere ed importa la perdita definitiva dello stesso senza possibilità di successiva integrazione. Alla reintegrazione nella responsabilità’ genitoriale di cui all’articolo 332 c.c., si applica in parte il principio generale di cui all’articolo 742 c.p.c.”.
Ha ritenuto adeguatamente approfondita la motivazione svolta dalla Corte d’Appello dichiarando  inammissibile il ricorso in quanto la ricorrente chiedeva, pur deducendo formalmente una violazione di legge, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, una rivalutazione degli elementi istruttori, che, invero ritiene congruamente effettuata e, pertanto, ha ritenuto non consentita  in questa sede.

Ha richiamato, all’uopo, la sentenza della Cass. a S.U. del 7 aprile 2014 nr. 8053 sulla applicazione pratica del nuovo art. 360, n. 5, c.p.c.  che conferma che l’ambito del sindacato della Corte di Cassazione sui «fatti» non sia limitato alle sole ipotesi della mancanza formale della motivazione e dell’omesso esame di un dato materiale, ma svolga una funzione di garanzia del controllo di legittimità sulla coerenza logica e sulla plausibilità delle conclusioni della decisione impugnata.

 Specifica che “Trattandosi di provvedimento emesso dopo l’11 settembre 2012, data di entrata in vigore del Decreto Legge n. 83 del 2012, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, la censura di motivazione doveva essere costruita ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come declinato dopo il Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83.

Per questa Corte, infatti, a sezioni unite, la riformulazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal, articolo 54, , deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’articolo 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimita’ sulla motivazione”.

 

*Si ringrazia l’avv. Anna Paola Mariella del Foro di Bari per la nota.

autore: Fossati Cesare