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Il cognome paterno non sostituisce quello materno - Corte d'Appello di Milano, Sez. V e V.G., sent. 24 marzo 2022

Per il figlio minore, la decisione di anteporre, aggiungere o sostituire il cognome paterno a quello materno, è presa dal giudice. Prima della riforma della filiazione del 2012 e 2013, competente era, ai sensi dell'art. 38 disp. att. c.c., il tribunale per i minorenni, che decideva con decreto motivato, dopo un procedimento con carattere di volontaria giurisdizione, in cui si valutava l'interesse del minore a portare il cognome paterno. L'art. 3, L. n. 219/2102, poi, ha riformato l'art. 38 disp. att. c.c., notevolmente riducendo le competenze del tribunale minorile, e, per quello che qui interessa, escludendo da tali competenze anche la decisione, ai sensi dell'art.262 cod. civ., sull'attribuzione del cognome al figlio minore di età. Tale competenza, perciò, spetta oggi al giudice ordinario.
La giurisprudenza anteriore alla riforma del 2013, aveva già affermato la necessità che il giudice tralasciasse  ogni automatismo e valutando in concreto la vantaggiosità, per il minore stesso, dell'attribuzione del cognome paterno.
La sentenza meneghina si allinea al trend giurisprudenziale secondo il quale in tema di attribuzione giudiziale del cognome al figlio nato fuori del matrimonio, riconosciuto non contestualmente dai genitori, i criteri di individuazione del cognome del minore si pongono in funzione del suo interesse, che è quello di evitare un danno alla sua identità personale, intesa anche come proiezione della sua personalità sociale, avente copertura costituzionale assoluta, sicché il giudice deve avere riguardo al modo più conveniente di individuare il minore in relazione all'ambiente in cui è cresciuto fino al momento del successivo riconoscimento, non potendo essere condizionata né dal "favor" per il patronimico, né dall'esigenza di equiparare il risultato a quello derivante dalle diverse regole, non richiamate dall'art. 262 c.c., che presiedono all'attribuzione del cognome al figlio legittimo.
Valeria Cianciolo

Sabato, 23 Aprile 2022
Giurisprudenza | Cognome | Merito Sezione Ondif di Milano
Corte d’Appello di Milano, Sez. V e V.G., sent. 24 marzo 2022 - Pres. Laurenzi, Cons. Rel. Pizzi per visualizzare l'allegato è necessario autenticarsi

L’evoluzione culturale sociale e giuridica degli ultimi tempi che attribuisce pari dignità ad entrambe le figure genitoriali”, superando una visione tradizionalista della famiglia incentrata sul ruolo superiore del padre e sulla maggiore valenza del cognome paterno e tesa a garantire non certo l’interesse del genitore che, egoisticamente con l’attribuzione del suo cognome vuole rivendicare una proprietà sul figlio, ma quello del minore a sentirsi se stesso e a essere identificato nel contesto delle relazioni sociali.”
In tema di minori, è legittimo, in ipotesi di secondo riconoscimento da parte del padre, l'attribuzione del patronimico in aggiunta al cognome della madre, purché non gli arrechi pregiudizio in ragione della cattiva reputazione del padre e purché non sia lesivo della sua identità personale, ove questa si sia definitivamente consolidata con l'uso del solo matronimico nella trama dei rapporti personali e sociali.
In tema di attribuzione giudiziale del cognome al figlio naturale riconosciuto non contestualmente dai genitori, il giudice è investito ex art. 262, commi 2 e 3, c.c. del potere-dovere di decidere su ognuna delle possibilità previste dalla disposizione in parola avendo riguardo, quale criterio di riferimento, unicamente all'interesse del minore e con esclusione di qualsiasi automaticità, che non riguarda né la prima attribuzione (essendo inconfigurabile una regola di prevalenza del criterio del "prior in tempore"), né il patronimico (per il quale parimenti non sussiste alcun "favor" in sé). (VC)


Riconoscimento di paternità – Cognome – Prevalenza - Rif. Leg. artt. 147, 148, 337 ter e 337 septies c.c.

autore: Cianciolo Valeria