Dopo il divorzio non si può conservare il cognome del marito, salvo che il giudice non disponga diversamente - Cass. Civ., Sez. VI-I, ord. 11 gennaio 2022 n. 654
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Il principio cui l'ordinamento familiare è ispirato è quello della coincidenza fra denominazione personale e status. La possibilità di consentire con effetti di carattere giuridico-formali la conservazione del cognome del marito, accanto al proprio, dopo il divorzio, è da considerarsi una ipotesi straordinaria affidata alla decisione discrezionale del giudice di merito secondo criteri di valutazione propri di una clausola generale ma che non possono coincidere con il mero desiderio di conservare come tratto identitario il riferimento a una relazione familiare ormai chiusa quanto alla sua rilevanza giuridica. Né può escludersi che l'uso del cognome possa costituire un pregiudizio per il coniuge che non vi acconsenta e che intenda ricreare, esercitando un diritto fondamentale a mente dell'art. 8 della Cedu, un nuovo nucleo familiare che sia riconoscibile, come legame familiare attuale, anche nei rapporti sociali e in quelli rilevanti giuridicamente.
La valutazione della ricorrenza delle circostanze eccezionali che consentono l'autorizzazione all'utilizzo del cognome del marito è rimessa al Giudice del merito, giacché, di regola, non è ammissibile conservare il cognome del marito dopo la pronuncia di divorzio, salvo che il giudice del merito, con provvedimento motivato e nell'esercizio di poteri discrezionali, non disponga diversamente.
Divorzio - Cognome - Mantenimento del cognome - Diritti della persona - Rif. Leg. art. 5, comma 3 Legge 1 dicembre 1970 n. 898; art. 8 della Cedu
autore: Cianciolo Valeria
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