Le violenze intrafamiliari e la vittimizzazione secondaria possono essere opportunamente trattate in sede di tutela civile. Corte d'Appello di Ancona, 12 ottobre 2021
Violenze in famiglia. Troppo facile voltarsi dall'altra parte e derubricare i maltrattamenti a "reciproche accuse di inadeguatezza" ovvero alla formula stereotipata della "elevata conflittualità", pur di non andare a fondo, di analizzare, come fa attentamente e acutamente questo Giudice illuminato, le condotte che hanno rilevanza di illecito civile, ed esigono la tutela della persona offesa.
Emblematiche dell'alterazione della realtà ad opera degli operatori professionali le parole della minore: "metto per iscritto quello che penso, con la mia grafia, con la mia firma, senza qualcuno che possa abilmente cambiare le mie parole ..."
Talvolta accade che le madri se non denunciano subito i padri violenti vengano considerate poco tutelanti e subiscano perfino delle limitazioni alla potestà; se denunciano tempestivamente i rapporti vengono catalogate come conflittuali con rinuncia aprioristica a verificare le ragioni di fondo.
Un provvedimento accurato dal quale emerge grande sensibilità e competenza, necessario a squarciare il velo delle ipocrisie e denunciare tutto quello che non va nel sistema, a partire dalla coesistenza e dai contrasti di giudicati fra autorità giudiziarie (TM e TO), alle anomalie dell'operato e delle valutazioni dei servizi, all'azione di danno nel giudizio di separazione, al pessimo esempio di ascolto di minore, al riconoscimento della grave vittimizzazione secondaria subita addirittura ad opera dei cd. "addetti ai lavori" del procedimento de potestate e tanto altro ancora (64 pagine!), una vera summa in tema di lotta alle discriminazioni ed alla violenza.
Cesare Fossati
Un provvedimento accurato dal quale emerge grande sensibilità e competenza, necessario a squarciare il velo delle ipocrisie e denunciare tutto quello che non va nel sistema, a partire dalla coesistenza e dai contrasti di giudicati fra autorità giudiziarie (TM e TO), alle anomalie dell'operato e delle valutazioni dei servizi, all'azione di danno nel giudizio di separazione, al pessimo esempio di ascolto di minore, al riconoscimento della grave vittimizzazione secondaria subita addirittura ad opera dei cd. "addetti ai lavori" del procedimento de potestate e tanto altro ancora (64 pagine!), una vera summa in tema di lotta alle discriminazioni ed alla violenza.
Cesare Fossati
Corte d'Appello di Ancona, Sez. II, Est. F.Ruta, sentenza 12.10.2021 |
Corte d'Appello di Ancona, 12.10.21 massima |
Un caso emblematico di valutazione in sede civile della violenza domestica nel giudizio di separazione, nel quale peraltro si evidenzia l'illogica attuale frammentazione delle competenze giurisdizionali.
Il soggetto violento, pur consapevole dei suoi agiti, non ha posto rimedio alla sua patologia (disturbo dell'adattamento).
I maltrattamenti verso la moglie e verso il figlio disabile risultano significativamente gravi in quanto provocano in quest'ultimo l'aggravarsi dei disturbi di personalità.
Irrilevante che i fatti siano stati oggetto di archiviazione in sede penale. Nel civile prevale la tutela della vittima, rileva anche la colpa nella condotta e la prova può attestarsi sulla maggiore probabilità secondo l'id quo plerumque accidit.
L’autore delle violenze va condannato al risarcimento del danno in favore delle vittime. La domanda che era stata ritualmente introdotta in giudizio, rigettata dal giudice di prime cure, ma giustamente coltivata in secondo grado e qui accolta.
Trattasi di azione di danno endofamiliare che la giurisprudenza maggioritaria considera inammissibile in sede di separazione per via del rito asseritamente speciale, ma che qui trova pieno accoglimento.
La trattazione unitaria della domanda di risarcimento danni nell'ambito della stessa causa di separazione risponde anche ad esigenze di economia e giusto processo, più che degne di considerazione, vertendosi nella fattispecie in situazioni di rilievo penale.
La domanda di danni è dunque fondata sia con riferimento alle condotte del coniuge lesive della incolumità psicofisica poste in essere nel corso della convivenza matrimoniale, sia con riferimento al danno all'onore e dignità di donna e madre.
Sussiste inoltre il danno conseguente alla vittimizzazione secondaria liquidato separatamente: le conseguenze che la vittima patisce nella violenza di genere o intramuraria nella fase successiva alla denuncia alle autorità, a causa della scarsa o nulla sensibilità e attenzione da parte degli operatori o delle Agenzie di controllo, determinando una condizione di ulteriore sofferenza psicologica.
Talvolta accade che le madri se non denunciano subito i padri violenti vengano considerate poco tutelanti e subiscano perfino delle limitazioni alla potestà; se denunciano tempestivamente i rapporti vengono catalogati come conflittuali con rinuncia aprioristica a verificare le ragioni di fondo.
Grave infine il travisamento della realtà emerso nelle valutazioni effettuate nelle relazioni degli assistenti sociali.
Rilevante anche il profilo della lealtà processuale: nell'ambito della propria attività difensiva, l'avvocato deve e può esporre le ragioni del proprio assistito con fermezza. Tuttavia il diritto della difesa incontra un limite insuperabile nella necessità di mantenere un rapporto improntato a dignità e civile convivenza, e nel diritto della controparte a non vedersi offeso o svilito, tanto più quando la controparte è il proprio coniuge.
Ci sono valori familiari da rispettare a tramandare, nell'interesse della prole.
Rif. Leg.: art. 2043 c.c. - 709-ter c.p.c.
* Si ringrazia l'avv. Valentina Lo Bartolo, associata Ondif sezione pesarese.
editor: Fossati Cesare
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