
Provata la paternità se la sorella del de cuius si rifiuta di sottoporsi all’esame del DNA - Cass. Civ., Sez. I, ord. 19 febbraio 2021 n. 4490
La Suprema Corte ha confermato la sentenza della Corte d’Appello, che ha accolto la domanda, tenuto conto, tra l'altro, della mancata disponibilità in concreto da parte della sorella del de cuius, al prelievo per l'esame genetico.
lunedì, 22 febbraio 2021
Giurisprudenza | Processo civile | Accertamento paternità e maternità | Legittimità
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In virtù dell’applicazione del principio di libertà della prova sancito dall’art. 269, 2° comma, c.c., chi agisce chiedendo che sia dichiarata la filiazione può limitarsi ad allegare il fatto che pone a fondamento del suo diritto, potendo restare la prova dello stesso affidata al CTU nell’ambito della consulenza ematico-biologica volta ad accertare la compatibilità genetica tra il richiedente ed il presunto padre. Tale strumento, infatti, rilevando l’esistenza o inesistenza di incompatibilità genetiche è senz’altro il mezzo più idoneo per accertare il rapporto di filiazione e del tutto irrilevanti possono ritenersi le ulteriori istanze istruttorie.La prova della fondatezza della domanda di dichiarazione giudiziale di paternità fuori dal matrimonio, non sussistendo un ordine gerarchico, può trarsi oltre che dalla CTU anche dal comportamento delle parti, e in particolare dal rifiuto ingiustificato della sorella del de cuius di sottoporsi alle prove genetiche, da valutarsi anche tenuto conto di tutte le circostanze del caso.
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