
L'obbligo di mantenimento emerge anche da indici diversi dalle certificazioni dei redditi. Cass. 20 gennaio n.975
venerdì, 22 gennaio 2021
Giurisprudenza | Separazione dei coniugi | Mantenimento | Legittimità
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Il marito avvocato, chiamato in sede di separazione a contribuire al mantenimento della moglie con un assegno di euro 500,00, lamentava che il reddito ricavato dalla professione di avvocato, come risultava dalla dichiarzioni dei redditi, era saltuario, precario e modesto, che aveva pochissimi clienti, che aveva a disposizione solo una stanza dell'appartamento di proprietà del padre presso il quale viveva.
Ma il giudice d'appello, a parere della Corte, al di là delle risultanze formali, aveva evidenziato che la chiusura della partita IVA dell'avvocato era stata temporanea, in pendenza delle trattative per la separazione, e riaperta dopo l'udienza presidenziale; ch'egli aveva acquisito l'abilitazione al patrocinio innanzi alle magistrature e la titolarità di curatele fallimentari, incarichi di norma ben retribuiti, che richiedono un'organizzazione adeguata.
Era stata valutata anche la condizione della moglie ed era risultato che la stessa era priva di redditi, aveva una limitata capacità lavorativa anche in ragione delle sue condizioni psichiche, sussitendo pertanto quel divario economico che giustifica il diritto al mantenimento in ragione del dovere di solidarietà fra i coniugi che perdura in costanza di separazione.
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