Il reo affetto da malattia mentale sopravvenuta potrà scontare la pena residua anche fuori dal carcere. Corte Costituzionale 20 febbraio 2019 n. 99
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Secondo la Corte Costituzionale persistono nel nostro ordinamento gravi carenze nella previsione delle norme sull'ordinamento penitenziario quando vi siano detenuti affetti da infermità mentale sopravvenuta. Pertanto si è dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 47-ter, comma 1-ter,
della legge 354/1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e
sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà),
nella parte in cui non prevede che, nell'ipotesi di grave infermità psichica sopravvenuta, il tribunale di sorveglianza possa disporre l'applicazione al condannato della detenzione domiciliare anche in deroga ai limiti di cui al comma 1 del medesimo art. 47-ter. L'equiparazione fra malattia fisica e mentale è in detta circostanza anche avvallata dalla Consulta quando afferma che "la sofferenza che la condizione carceraria inevitabilmente impone di per
sé a tutti i detenuti si acuisce e si amplifica nei confronti delle
persone malate, sì da determinare, nei casi estremi, una vera e propria
incompatibilità tra carcere e disturbo mentale". I detenuti con tali caratteristiche pertanto potranno scontare la pena in detenzione domiciliare tenuto ovviamente conto del contemperamento fra diritto alla salute e tutela della collettività e dell'incolumità della stessa.
autore: Zadnik Francesca
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