Patti successori e prospettive di riforma del divieto dei patti successori rinunciativi di Valeria Cianciolo
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1. Le modifiche operate dal legislatore al Libro II c.c. - 2. I patti successori nel sistema codicistico – 2.1. Nullo l'accordo che regola la divisione prima dell'apertura della successione. - 3. I patti successori in Europa - 4. Prospettive di riforma
Il libro secondo del codice civile, disciplinante la materia delle successioni a causa di morte, presenta, nella sua parte iniziale, due disposizioni dal tenore lapidario: l'art. 457 c.c. dispone che «l'eredità si devolve per legge o per testamento», mentre il successivo art. 458 c.c. (rubricato "divieto dei patti successori", come risultante dalla novellazione apportata dalla legge n. 55/2006 introduttiva agli artt. 768-bis seg. c.c., dell'istituto del patto di famiglia") dispone: "Fatto salvo quanto disposto dagli articoli 768-bis e seguenti, è nulla ogni convenzione con cui taluno dispone o rinuncia ai diritti che gli possono spettare su una successione non ancora aperta".
Secondo la giurisprudenza1, sussiste patto successorio - come tale nullo ai sensi dell'art. 458 c.c. - allorquando, dall'accordo negoziale tra due o più parti, risulti che il promittente abbia inteso provvedere in tutto o in parte alla propria successione, accettando di sottoporsi ad un vincolo giuridico che lo ha privato dello jus poenitendi. Il divieto per il notaio di ricevere atti "espressamente proibiti dalla legge", ai sensi dell'art. 28 della legge 16 febbraio 1913, n. 89, comprende senz'altro gli atti affetti da nullità assoluta, quali quelli che includono patti commissori, espressamente vietati dalla legge. Ne deriva che, essendo evidente ed inequivoco il contrasto dell'atto ricevuto dal notaio con l'art. 458 c.c, nel caso di una convenzione con la quale due coniugi dispongano dei loro beni (o di una parte di essi) in favore dei loro rispettivi figli, per il tempo in cui avranno cessato di vivere, - nella specie stabilendo che l'accordo non potrà essere modificato senza consenso scritto manifestato da entrambi - limitando la possibilità per le parti di disporre dei loro beni mediante testamento, costituisce illecito disciplinare.
1 Cass. civ. Sez. II, 21/11/2017, n. 27624
editor: Fossati Cesare
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