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Le attività di ristrutturazione e mantenimento della casa comune non vanno rimborsate se non risulta la loro assoluta necessità per la conservazione del bene. Cass. 23 agosto 2017 n. 20283

Venerdì, 5 Gennaio 2018
Giurisprudenza | Assegnazione della casa | Legittimità
Cass. 23 agosto 2017 n. 20283 per visualizzare l'allegato è necessario autenticarsi

Se si ristruttura la casa coniugale in costanza di matrimonio ed in regime di comunione dei beni senza che vi sia la necessità di ripristinare l'immobile per scongiurare il suo deteriorarsi, il rimborso spese alla parte che le ha sostenute non è dovuto, se non viera anche l'accordo dell'altra parte. Ciò secondo la giurisprudenza di Cassazione. In tema di spese di conservazione della cosa comune infatti, l'art. 1110 c.c., escludendo ogni rilievo dell'urgenza o meno dei lavori, stabilisce che il partecipante alla comunione, il quale, in caso di trascuranza degli altri compartecipi o dell'amministratore, abbia sostenuto spese necessarie per la conservazione della cosa comune, ha diritto al rimborso, a condizione di aver precedentemente interpellato o, quantomeno, preventivamente avvertito gli altri partecipanti o l'amministratore. Solo in caso di inattività di questi ultimi egli può procedere agli esborsi e pretenderne il rimborso, pur in mancanza della prestazione del consenso da parte degli interpellati, incombendo comunque su di lui l'onere della prova sia della suddetta inerzia che della necessità dei lavori. Nel caso di specie l'uomo aveva agito per ristrutturare il bene senza il consenso dell'altro coniuge, per procedere ad interventi non necessari ed urgenti e pertanto non aveva diritto ad essere rimborsato, una volta intervenuta la separazione coniugale.

autore: Zadnik Francesca