Disconoscimento a seguito di fecondazione eterologa. Cass. 28 marzo 2017 n. 7965
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La moglie, nel corso del matrimonio, aveva fatto ricorso a fecondazione eterologa all'insaputa del marito ed era nato il figlio.Dopo il divorzio l'uomo aveva tentato di avere un figlio con la nuova compagna, ma aveva scoperto la propria, seppur parziale ma severa impotenza. Promuoveva pertanto azione ai fini del disconoscimento di paternità.I giudici del merito rigettavano la domanda sul presupposto che l'azione si basava sulla sua impotenza, peraltro non assoluta, per essere decorso
il termine di decadenza annuale previsto dall'art. 244, secondo
comma, cc. e per avere l'istante mutato la propria domanda in grado di appello.Ricorreva in Cassazione il presunto padre deducendo di avere fondato la domanda sulla fecondazione
eterologa praticata dalla moglie a sua insaputa e di averla promossa entro un anno dalla conoscenza di tale circostanza.Per la Corte, proposta azione di disconoscimento per impotenza a generare, il ricorrente può far valere anche ragioni diverse, quale la fecondazione eterologa scoperta successivamente, essendo
l'azione di disconoscimento unicamente volta a fare accertare
l'insussistenza del legame biologico con il figlio nato nell'ambito
del rapporto matrimoniale.
autore: Fossati Cesare
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