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Ammesso il riconoscimento della paternità se la madre rifiuta il test del Dna sul minore.Tribunale di Caltanissetta, Sent. 19 ottobre 2016.

Venerdì, 16 Dicembre 2016
Giurisprudenza | Riconoscimento / Disconoscimento | Merito
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Tribunale-Caltanissetta-19-ottobre-2016 per visualizzare l'allegato è necessario autenticarsi

Il Tribunale di Caltanissetta imponeva il riconoscimento di figlia naturale ad una madre che si rifiutava di far procedere  all'esame del DNA l'uomo con il quale aveva intrattenuto una relazione sentimentale.
Con ulteriore provvedimento il Tribunale nisseno disponeva in merito all'affidamento condiviso della piccola fra i genitori. Stante la conflittualità esistente fra le famiglie di origine delle due parti in giudizio infatti, preminente appariva l'interesse della minore ad avere rapporti con entrambi i genitori, seppur in regime protetto per quanto riguardava i contatti con il padre.
In merito al cognome da far assumere alla bambina, il Tribunale disponeva che la stessa aggiungesse il patronimico al cognome della madre, per evitare traumi nella identità della minore.
Provvedimenti vengono anche assunti contro il comportamento della madre, la quale, con il proprio rifiuto a far riconoscere al ricorrente la figlia, ha oltremodo leso il diritto della stessa a riconoscere e frequentare il padre ed ha allungato i tempi della giustizia. La donna viene condannata alle spese ed ad una somma da corrispondere al ricorrente in via equitativa pari ad € 1000,000.= ex art 96 cpc. Motiva così il Tribunale in merito a quest'ultimo punto: "Nel caso di specie, la condotta processuale tenuta dalla resistente deve ritenersi certamente censurabile ed ascrivibile quantomeno a colpa grave (se non a vero e proprio dolo). Il riferimento è, anzitutto, alla proposizione di una opposizione al riconoscimento del tutto generica e sprovvista di concreti elementi fondanti, nonché al mancato consenso all'effettuazione del raffronto tra il patrimonio genetico del ricorrente e quello della figlia. In secondo luogo, va stigmatizzato il comportamento della resistente successivo all'emissione della sentenza non definitiva, caratterizzato dal persistente rifiuto di acconsentire lo svolgimento degli incontri tra il ricorrente e la piccola (C), pur dopo l'effettivo riconoscimento operato dal primo (circostanza, questa, dedotta dal (A) e non contestata dalla (B)"

autore: Zadnik Francesca