Successioni, diritto di abitazione, separazione (Cass. civ., sez. II, 12 giugno 2014, n. 13407).
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Il diritto di abitazione sulla casa familiare riservato dall'art. 540 c.c. al coniuge del de cuius non spetta al coniuge separato, anche se immune da addebito, se la cessazione della convivenza nel regime di separazione personale ha spezzato il collegamento dell'immobile con la destinazione a residenza familiare.
Cass. civ., sez. II, 12 giugno 2014, n. 13407
REPUBBLICA
ITALIANA
IN
NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE
SECONDA CIVILE
Composta
dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott.
PICCIALLI Luigi - Presidente
Dott.
MATERA Lina - rel. Consigliere
Dott.
BIANCHINI Bruno - Consigliere
Dott.
PARZIALE Ippolisto - Consigliere
Dott.
FALASCHI Milena - Consigliere
ha
pronunciato la seguente:
SENTENZA
SVOLGIMENTO
DEL PROCESSO
Con
atto di citazione notificato il 28-7-1993 (OMISSIS), quale erede con
beneficio di inventario del marito (OMISSIS), da cui si era separata
consensualmente nel 1988, conveniva dinanzi al Tribunale di Marsala
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), gli ultimi due quali
eredi di (OMISSIS), esponendo che con due atti pubblici del (OMISSIS)
il de cuius, per vanificare i diritti successori della moglie, aveva
apparentemente trasferito a (OMISSIS) e (OMISSIS), a titolo oneroso,
ma in realta' gratuitamente, un fabbricato in nuda proprieta' ed
alcuni appezzamenti di terreno, e con atto in data (OMISSIS) aveva
venduto simulatamene alla nipote (OMISSIS) un ulteriore immobile.
L'attrice chiedeva, conseguentemente, previo sequestro dei beni in
questione, la dichiarazione di nullita' ed inefficacia dei predetti
rogiti, e l'affermazione del suo diritto alla porzione di sua
pertinenza.
(OMISSIS)
e (OMISSIS) si costituivano contestando la fondatezza della domanda e
chiedendo la condanna della (OMISSIS) al risarcimento dei danni, ai
sensi dell'articolo 96
c.p.c.,
e dell'articolo 1226
c.c..
Nel
corso del giudizio l'attrice dichiarava di rinunciare alla domanda
nei confronti degli eredi di (OMISSIS), essendo intercorsa tra le
parti una transazione.
Con
sentenza in data 6-2-2004 il Tribunale rigettava la domanda proposta
dall'attrice, condannando quest'ultima al risarcimento dei danni
subiti dai convenuti in conseguenza dell'esecuzione del sequestro dei
beni autorizzato in corsi di causa.
A
seguito di gravame proposto dalla (OMISSIS), con sentenza in data
19-2-2008 la Corte di Appello di Palermo riformava parzialmente la
decisione di primo grado, escludendo la condanna dell'attrice al
risarcimento dei danni, ma confermando il rigetto delle sue
domande.
La
(OMISSIS) proponeva ricorso per cassazione avverso la predetta
pronuncia, sulla base di quattro motivi.
Con
sentenza in data 7-9-2009 la Corte di Cassazione accoglieva il primo
motivo, con il quale l'attrice aveva lamentato che erroneamente la
Corte di Appello aveva ritenuto che non fosse stata esercitata, gia'
in primo grado, l'azione di reintegrazione nella legittima, con
conseguente impossibilita' di dimostrare mediante prove testimoniali
e presuntive la simulazione degli atti di disposizione compiuti dal
de cuius. Il giudice di legittimita' osservava che la Corte
territoriale non aveva tenuto conto delle conclusioni formulate
nell'atto introduttivo del giudizio, con le quali l'attrice, facendo
valere il proprio diritto alla quota di meta' del patrimonio
ereditario spettantele come legittimaria, aveva espressamente
chiesto, previo accertamento del carattere gratuito delle alienazioni
del (OMISSIS), la loro "riduzione fino alla quota stessa";
istanza poi ribadita nelle conclusioni finali e nell'atto di appello.
La Corte di Cassazione dichiarava assorbiti gli altri motivi di
ricorso, con i quali, in particolare, per quanto qui ancora rileva,
la (OMISSIS) aveva lamentato il mancato riconoscimento del diritto di
abitazione della casa coniugale, spettante alla vedova del defunto
come legittimaria.
Con
atto di citazione ex articolo 392
c.p.c.,
la (OMISSIS) provvedeva alla riassunzione del giudizio.
Con
sentenza in data 21-8-2002 la Corte di Appello di Palermo,
pronunciando in sede di rinvio, in riforma della sentenza di primo
grado, dichiarava che l'atto pubblico di vendita per notaio (OMISSIS)
del (OMISSIS) rep. (OMISSIS) dissimulava una donazione disposta da
(OMISSIS) in favore di (OMISSIS) e (OMISSIS), nullo per difetto di
forma, per violazione della Legge
n. 89 del 1913, articolo 48;
dichiarava che l'atto pubblico di cessione onerosa per notaio
(OMISSIS) del (OMISSIS) rep. N. (OMISSIS) dissimulava un contratto di
donazione disposta da (OMISSIS) in favore di (OMISSIS) e (OMISSIS);
disponeva reintegrarsi la quota di legittima spettante all'attrice
sull'eredita' relitta di (OMISSIS), deceduto il (OMISSIS), mediante
l'attribuzione in favore della stessa dei beni elencati nel
dispositivo e con condanna dei convenuti, in solido, al pagamento in
favore della (OMISSIS) della somma di euro 12.968,04. La Corte
territoriale, al contrario, disattendeva le censure mosse
dall'appellante avverso il capo della sentenza di primo grado che
aveva negato alla (OMISSIS) il diritto di abitazione ex articolo 540
c.c.,
sulla casa gia' adibita ad abitazione coniugale e il diritto d'uso
sui relativi mobili.
Per
la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso (OMISSIS), sulla
base di tre motivi.
(OMISSIS)
e (OMISSIS) hanno resistito con controricorso, proponendo altresi'
ricorso incidentale, affidato ad un unico motivo.
La
ricorrente principale ha resistito al ricorso incidentale con
controricorso e successivamente ha depositato una memoria difensiva
ex articolo 378
c.p.c..
MOTIVI
DELLA DECISIONE
1)
Con il primo motivo la ricorrente principale lamenta la violazione
dell'articolo 540
c.c.,
comma 1, articolo 548
c.c.,
comma 1, e articolo 560
c.c.,
articoli 157
e 158 c.c.,
articoli 707,
708 e 711 c.c.,
nonche' la mancanza e contraddittorieta' della motivazione. Sostiene
che, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di appello, alla
(OMISSIS), quale coniuge separata senza addebito, spettava il diritto
di abitazione sulla casa gia' adibita a casa coniugale e nella quale
il de cuius aveva continuato ad abitare fino alla morte, non
rilevando, in contrario, il fatto che, a seguito della separazione,
l'attrice si fosse trasferita altrove.
Il
motivo e' infondato.
Deve
premettersi che, ai sensi dell'articolo 540
c.c.,
al coniuge e' riservata, a titolo di legittima, una quota pari alla
meta' del patrimonio dell'altro, salve le disposizioni dettate in
caso di concorso con i figli dal successivo articolo 542
c.c.,
il quale prevede in favore del coniuge la riserva della quota di un
terzo, in caso di un solo figlio, e di un quarto in caso di piu'
figli. In ogni caso, ai sensi dello stesso articolo 540
c.c.,
comma 2, al coniuge superstite sono riservati il diritto di
abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui
mobili che la corredano, se di proprieta' del defunto o
comuni.
Questa
Corte ha gia' avuto modo di precisare che il diritto reale di
abitazione, riservato per legge al coniuge superstite (articolo 540
c.c.,
comma 2), ha ad oggetto la casa coniugale, ossia l'immobile che in
concreto era adibito a residenza familiare. Poiche', dunque,
l'oggetto del diritto di abitazione mortis causa coincide con la casa
adibita a residenza familiare, esso si identifica con l'immobile in
cui i coniugi - secondo la loro determinazione convenzionale, assunta
in base alle esigenze di entrambi- vivevano insieme stabilmente,
organizzandovi la vita domestica del gruppo familiare (Cass.
14-3-2012 n. 4088).
E
invero, le espressioni usate dall'articolo 540, comma 2, cit.
("...diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza
familiare e di uso sui mobili che la corredano....") non
lasciano al riguardo spazi a dubbi interpretativi. Il diritto de quo
(introdotto con la riforma di cui alla Legge
19 maggio 1975, n. 151),
che spetta per legge al coniuge superstite ex lege, sorge chiaramente
in esclusivo riferimento alla casa che dai coniugi era stata adibita
a residenza familiare (dove il concetto di residenza, di cui
all'articolo 43
c.c.,
comma 2, richiama la effettivita' della dimora abituale nella casa
coniugale). Il contenuto del diritto in discorso viene poi completato
dal diritto di uso sui mobili che corredano la casa coniugale, dove
il corredare sta univocamente a significare che si riferisce alla
destinazione in atto dei mobili di arredamento (Cass.
27-2-1998 n. 2159).
Secondo
l'opinione prevalente, la ratio della suddetta normativa e' da
rinvenire nella tutela non tanto dell'interesse economico del coniuge
superstite di disporre di un alloggio, quanto dell'interesse morale
legato alla conservazione dei rapporti affettivi e consuetudinari con
la casa familiare.
In
proposito, e' stato autorevolmente rilevato che oggetto della tutela
dell'articolo 540
c.c.,
comma 2, non e' il bisogno dell'alloggio (che da questa norma riceve
protezione solo in via n indiretta ed eventuale), ma altri interessi
di natura non patrimoniale, riconoscibili solo in connessione con la
qualita' di erede del coniuge, quali la conservazione della memoria
del coniuge scomparso, il mantenimento del tenore di vita, delle
relazioni sociali e degli status symbols goduti durante il
matrimonio, con conseguente inapplicabilita', tra l'altro,
dell'articolo 1022
c.c.,
che regola l'ampiezza del diritto di abitazione in rapporto al
bisogno dell'abitatore (Corte
Cost. n. 310/1989).
Fatte
queste puntualizzazioni riguardo alla matura ed all'ampiezza del
diritto di abitazione previsto dal citato articolo 540
c.c.,
si rileva che l'articolo 548
c.c.,
comma 1, equipara, quanto ai diritti successori attribuiti dalla
legge, il coniuge separato senza addebito al coniuge non
separato.
La
formulazione di tale ultima norma lascerebbe intendere, a una prima
lettura, che anche in favore del coniuge separato senza addebito
debbano riconoscersi i diritti di abitazione e di uso di cui
all'articolo540
c.c.,
comma 2.
In
conformita' del prevalente orientamento della dottrina, tuttavia,
deve ritenersi che, in caso di separazione personale dei coniugi e di
cessazione della convivenza, l'impossibilita' di individuare una casa
adibita a residenza familiare faccia venire meno il presupposto
oggettivo richiesto ai fini dell'attribuzione dei diritti in
parola.
Se,
infatti, per le ragioni esposte, il diritto di abitazione (e il
correlato diritto d'uso sui mobili) in favore del coniuge superstite
puo' avere ad oggetto esclusivamente l'immobile concretamente
utilizzato prima della morte del "de cuius" come residenza
familiare, e' evidente che l'applicabilita' della norma in esame e'
condizionata all'effettiva esistenza, al momento dell'apertura della
successione, di una casa adibita ad abitazione familiare; evenienza
che non ricorre allorche', a seguito della separazione personale, sia
cessato lo stato di convivenza tra i coniugi.
Nella
ipotesi considerata, pertanto, essendo venuto meno il collegamento
con l'originaria destinazione della casa di abitazione a "residenza
familiare", non puo' che ritenersi che il coniuge superstite
perda i diritti in questione.
Nella
specie, la Corte di Appello ha accertato, con apprezzamento in fatto
non sindacabile in sede di legittimita', che, al momento del decesso
di (OMISSIS), la (OMISSIS) non occupava piu' la casa a suo tempo
adibita ad abitazione familiare, avendo trasferito altrove la propria
residenza da alcuni anni, nell'ambito di accordi miranti a pervenire
ad una separazione consensuale.
Nel
negare, conseguentemente, all'attrice il diritto di abitazione
sull'immobile in questione e il diritto d'uso sui relativi mobili, il
giudice del gravame ha fatto corretta applicazione degli enunciati
principi di diritto.
Ove
si consideri, infatti, che la separazione consensuale tra i coniugi
e' intervenuta nel (OMISSIS), ben cinque anni prima del decesso di
(OMISSIS) ((OMISSIS)), appare evidente che, dato il tempo trascorso,
l'appartamento in questione aveva perso ogni collegamento con
l'originaria destinazione a "residenza familiare".
2)
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione degli
articoli 99
e 112 c.p.c.,
nonche' la mancanza di motivazione, in ordine alla richiesta di
sommatoria tra i valori corrispondenti alla quota di legittima ad
essa spettante e quelli afferenti il legato ex lege di cui
all'articolo 540
c.c.,
comma 2.
Il
motivo e' infondato, essendosi la Corte di Appello pronunciata sulla
domanda attrice, negando, con motivazione immune da vizi logici e
giuridici, il riconoscimento in favore della (OMISSIS) dell'invocato
diritto di abitazione sulla casa gia' adibita a residenza
coniugale.
3)
Con il terzo motivo la ricorrente si duole della violazione
dell'articolo 91
c.p.c.,
in relazione alla disposta compensazione delle spese nella misura di
1/4, in ragione della ritenuta soccombenza dell'attrice sul diritto
di abitazione. Deduce che, una volta riconosciuto il diritto di
abitazione della (OMISSIS), le spese devono essere poste
integralmente a carico dei convenuti.
Il
motivo rimane assorbito dal rigetto del primo, stante l'acclarata
insussistenza del diritto di abitazione reclamato dalla
ricorrente.
4)
Con l'unico motivo i ricorrenti incidentali lamentano "la falsa
applicazione dell'articolo 360
c.p.c.,
comma 1, nn. 3 e 4". Deducono, in particolare, che, poiche' la
Corte di Cassazione non aveva emesso alcun principio di diritto
vincolante per il giudice del rinvio, questo era tenuto unicamente a
riesaminare i fatti oggetto di discussione ai fini di un nuovo
apprezzamento complessivo. Rilevano, inoltre, che le presunzioni non
costituiscono elementi sufficienti a provare il carattere simulatorio
dell'atto pubblico.
Il
motivo e' inammissibile, risolvendosi in una serie di generiche e
astratte petizioni di principio, senza individuare i punti della
sentenza impugnata che si assumono essere in contrasto con le norme
regolatrici della fattispecie, peraltro nemmeno indicate, ne'
spiegare, in concreto, le ragioni degli addebiti mossi.
Si
rammenta, al riguardo, che il ricorso per cassazione deve contenere,
a pena di inammissibilita', i motivi per i quali si richiede la
cassazione, aventi i caratteri di specificita', completezza e
riferibilita' alla decisione impugnata; il che comporta la necessita'
dell'esatta individuazione del capo di pronunzia impugnata e
dell'esposizione di ragioni che illustrino in modo intelligibile ed
esauriente le dedotte violazioni di norme o principi di diritto,
ovvero le carenze della motivazione (tra le tante v. 25-9-2009 n.
20652; 6-6-2006 n. 13259; Cass.
23-7-2004 n. 13830; Cass.
11-6-2003 n. 9371).
5)
Per le ragioni esposte il ricorso principale va rigettato, mentre
quello incidentale va dichiarato inammissibile.
La
soccombenza reciproca delle parti giustifica la totale compensazione
delle spese dalle stesse sostenute nel presente giudizio di
legittimita'.
P.Q.M.
La
Corte rigetta il ricorso principale, dichiara inammissibile quello
incidentale e compensa integralmente le spese del presente giudizio
di legittimita'.
autore: Campione Francesco
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